UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO

FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL’EDUCAZIONE

(A.A. 2000-2001)

Dispensa per il Corso di

PEDAGOGIA SPERIMENTALE

(prof. Roberto Trinchero)

 

 

 

 

 

L’OSSERVAZIONE

Uno strumento operativo per “conoscere”

e per costruire relazioni

in contesti educativi e formativi

 

di

Paola Rogora

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Sommario

 

                            Pag.

Introduzione. 3

Parte prima. 7

1.       Cos’è l’osservazione. 8

Non basta guardare… bisogna osservare. 8

Essere un buon osservatore. 10

2.       L’osservazione come strumento conoscitivo nella ricerca e nella prassi educativa  12

Parte seconda. 15

1.       Ambiente dell’osservazione. 16

Osservazione condotta sul campo. 16

Osservazione in condizioni controllate. 16

Cosa osservare. 17

Come osservare. 18

Quando osservare. 19

2.       Ruolo dell’osservatore. 20

Osservazione partecipante. 20

Osservazione non partecipante. 21

3.       Grado di strutturazione dell’osservazione. 23

Osservazione strutturata (sistematica) 23

Osservazione con basso grado di strutturazione (esperienziale) 25

4.       Tipologie di osservazione. 26

L’osservazione induttiva: il modello etologico. 26

L’osservazione soggettiva: il modello psicoanalitico centrato sull’osservazione. 27

L’osservazione deduttiva: il modello clinico-sperimentale. 28

5.       Strumenti per l’osservazione. 31

Strumenti di osservazione strutturati, metodi “chiusi” 33

L’osservazione videoregistrata. 34

Altri strumenti strutturati 35

Le griglie di osservazione. 35

Le check-list (o griglie di controllo) 36

Le scale di valutazione. 37

I sistemi di categorie. 37

Gli inventari o sistemi di segni 38

Strumenti di osservazione di tipo narrativo-diaristico, metodi “aperti” 39

Osservazione descrittiva “carta e matita”. 39

Il diario. 41

Il giornale (o diario) di bordo. 41

Piano di osservazione dello sviluppo. 42

La tecnica degli episodi critici (o anectodal record) 43

Parte terza. 44

1.       Educare osservando. 45

In quale ambiente? 46

Con che ruolo? 47

Con che livello di strutturazione? 47

Secondo quali paradigmi? 49

Con quali strumenti? 50

2.       Soggettivo e oggettivo nell’osservazione. 52

L’interosservazione. 54

Apertura e ricettività verso l’“altro” 55

3.       Quali difficoltà nell’osservare e quali strategie. 56

Le difficoltà. 56

a)     Condizioni psicofisiche dell’osservatore. 56

b)     Osservazione descrittiva. 57

c)      Annotazione immediata e annotazione differita. 57

d)     Aspettative dell’osservatore e coinvolgimento emotivo. 57

Le strategie. 58

a)     Condizioni psicofisiche dell’osservatore. 58

b)     Osservazione descrittiva. 58

c)      Annotazione immediata e annotazione differita. 58

d)     Aspettative dell’osservatore e coinvolgimento emotivo. 58

4.       Esempi operativi 60

L’anamnesi 60

Osservazione dell’utente. 61

Osservazione “in itinere”. 62

Alcuni protocolli osservativi 63

Allegato n. 1- Aree per l’osservazione. 66

Allegato n. 2 - Griglia per la descrizione dell’osservazione. 86

Bibliografia. 87

 


Introduzione

 

 

Nell’ambito di una riflessione in merito alle professioni educative (educatore, insegnante) è immediato considerare l’aspetto di complessità che le caratterizza, l’assenza di parametri assoluti a cui fare riferimento e la molteplicità delle variabili che quotidianamente comportano il rimettere in discussione quelle che, fino al giorno prima, sembrano apparire come certezze.

Progettare interventi educativi, attuarli mettendo in atto strategie, verificare il lavoro svolto e ri-progettare, ponendosi nuovi obiettivi e “aggiustando il tiro”: queste sono le azioni dell’educatore, rese complesse (ma perché no, anche interessanti) dal fatto che il materiale di lavoro non è inerte ma ha una propria vita, un proprio pensiero ed una capacità decisionale.

Che cosa significa, nel concreto, progettare e verificare?

Immaginiamo ad esempio di voler costruire (1) un tavolo. Occorre innanzitutto definire (2) quali requisiti dovrà possedere: il materiale di cui sarà fatto, il colore, le dimensioni, l’altezza da terra, ecc. Una volta stabiliti questi parametri deciderò (3) quali strumenti di lavoro utilizzare: se sarà un tavolo di legno mi occorrerà del legno (ovviamente), una sega, dei chiodi, una levigatrice, … (fermiamoci qui, perché è un tavolo artigianale). Passando alla realizzazione concreta sarà opportuno (4) seguire una serie di procedure sequenziali, basate su parametri “tecnici”. Alcune (5) strategie di lavoro, come ad esempio usare una bolla per vedere se il piano è “in piano”, permetteranno di svolgere al meglio il compito prestabilito.

Se tutti i passaggi elencati saranno seguiti adeguatamente avremo buone probabilità di trovarci di fronte (6) ad un tavolo: più o meno bello, a seconda della nostra abilità, creatività, del materiale usato, dell’adeguatezza degli strumenti utilizzati, ma sarà comunque un tavolo.

 

Non è proprio così nel lavoro educativo, anche se i passaggi sono più o meno gli stessi. Rivediamoli:

(1)   L’obiettivo: ogni azione educativa ha la sua origine da un obiettivo ben preciso.

(2)   Gli obiettivi specifici: l’obiettivo evidenziato può essere “scomposto” in obiettivi particolari, che lo definiscono; sono tappe intermedie che ci conducono alla meta.

(3)   Gli strumenti: sono, concretamente, i mezzi utilizzati per raggiungere l’obiettivo prefissato.

(4)   Le procedure: costituiscono i passaggi che condurranno al raggiungimento di ciò che ci siamo preposti.

(5)   Le strategie: sono gli accorgimenti che utilizzeremo nell’agire educativo; saranno diversi a seconda dell’obiettivo, della persona che ci sta di fronte, del contesto in cui si opera.

(6)   Il raggiungimento del risultato finale: dovrebbe coincidere con l’obiettivo iniziale.

 

Appare evidente, dal confronto tra le due casistiche (costruzione del tavolo e messa in atto di un intervento educativo), che non esiste alcuna differenza nelle procedure. Eppure sappiamo bene che nell’azione educativa non vi è alcuna certezza del risultato finale, pur nello svolgimento corretto di tutti i passaggi.

È ovvio che la differenza sta nel “materiale”.

Continuando il paragone è chiaro come l’essere umano non si lasci “lavorare” come il legno ma metta in gioco la sua individualità e specificità, ponendo problemi, suscitando nuove domande, elementi difficilmente prevedibili nella loro globalità, per quanto abile possa essere il “progettista”.

 

Veniamo ora all’oggetto della nostra riflessione: come si colloca l’osservazione all’interno di questo percorso? Quale ruolo occupa e che aiuto può dare?

L’osservazione si configura come uno dei cardini fondanti la professionalità di chi opera in campo educativo, sia a diretto contatto con l’utenza sia nell’ambito della formazione. Non è un semplice strumento, “pre-confezionato” e già pronto per l’uso, che possiamo scegliere di utilizzare oppure sostituire con uno più adeguato: consta di un insieme di atteggiamenti, metodologie, strumenti che devono essere fatti propri affinché si acquisisca un “atteggiamento di fondo”; esso diverrà parte integrante del modo di agire in ambito professionale, costituendosi quale elemento basilare della competenza educativa.

È un po’ come imparare a guidare una macchina. È importante innanzitutto conoscere il suo apparato strutturale, a cosa servono i diversi pedali, che cosa indicano le spie, il funzionamento del motore. Poi si passa alla guida: all’inizio si ha cura di eseguire correttamente tutti i passaggi, pensando ad ogni singola azione e concentrandosi nelle diverse procedure. Con l’esperienza l’atto del guidare diventa automatico: siamo padroni del mezzo di locomozione tanto che non stiamo a ripetere mentalmente ogni volta le procedure per condurlo, anzi, lo stesso procedimento acquisito per la guida dell’automobile, con opportuni aggiustamenti, può permetterci di guidare anche un camion.

Vediamo allora di acquisire gradualmente una competenza osservativa.

La formazione di un educatore consta di due essenziali elementi: la conoscenza di un impianto teorico di base e l’acquisizione di tecniche operative, utili per il lavoro sul campo.

Credo che l’osservazione sia un processo che si colloca a metà tra questi due significati, non come punto di separazione bensì come elemento unificante teoria e prassi. “Sapere come osservare” riguarda l’ambito della conoscenza teorica; “essere capaci di osservare” riconduce all’azione concreta, ad una specifica metodologia di lavoro ed è un aspetto su cui quotidianamente è importante interrogarsi e riflettere.

 

Il presente scritto si pone come obiettivo quello di mettere in risalto la specificità, ma anche la complessità di ciò che abbiamo chiamato “osservazione”, calandola quindi nell’ambito dell’attività educativa.

Nella parte iniziale si cerca di inquadrare il concetto di “osservazione”, sottolineando la differenza tra “osservare” e “guardare”, delineando la figura del “buon osservatore” e cercando di capire a cosa serve l’osservazione nella prassi e nella ricerca educativa.

Nella parte centrale si dedica ampio spazio all’approfondimento di aspetti teorici e metodologici, evidenziando i principali paradigmi: così come esistono, in campo psicopedagogico, approcci teorici differenti, ugualmente possiamo evidenziare diverse metodologie osservative facenti capo ad essi, ciascuna delle quali ha proprie peculiarità e si avvale di strumenti e tecniche di rilevazione diversificati. È impossibile osservare assumendo un atteggiamento neutro e la scelta di una piuttosto che di un’altra metodologia varierà anche a seconda del tipo di situazione che si intende indagare.

Forse alcuni paradigmi, alcuni strumenti di osservazione, potranno sembrare troppo lontani dall’agire educativo, più attinenti all’ambito e alla competenza del ricercatore. Non dimentichiamoci però che, nel suo piccolo, anche l’educatore/insegnante fa un lavoro di ricerca e le fasi che abbiamo sopra descritte, se considerate in un contesto più vasto, possono ricondursi alle procedure necessarie per una ricerca metodologicamente corretta. Anche il lavoro educativo possiede una propria scientificità, e certamente essa non viene meno solo per il fatto che l’oggetto di lavoro è l’uomo nella sua individualità ed unicità.

La parte finale del presente scritto sarà un po’ un ritornare al punto di partenza, in possesso però di una nuova consapevolezza, scaturita da una maggior conoscenza rispetto ai contenuti e da una padronanza metodologica.

Ritorneremo a parlare di osservazione, collocandola nello specifico dell’agito educativo: tra gli approcci precedentemente illustrati si evidenzieranno quelli che appaiono più efficaci nell’ambito del lavoro educativo, cercando di mettere in luce strategie utili affinché la tecnica osservativa sia ad esso funzionale. Esemplificazioni relative a quanto esposto potranno essere d’aiuto per mostrare più chiaramente la realtà trattata.

 


Parte prima

 

 


1.             Cos’è l’osservazione

 

Non basta guardare… bisogna osservare

 

Cosa c’è di più spontaneo e naturale dell’atto del guardare e allo stesso tempo essere oggetto degli sguardi di chi ci circonda? Guardare è un’attività che fa parte dell’esperienza quotidiana di ciascuno di noi, è attraverso quest’operazione che avviene il nostro primo contatto con la realtà circostante. Guardare è il mezzo più immediato, spontaneo ed efficace per entrare in possesso di informazioni, cogliere particolari di ciò che “sta intorno”, registrare elementi facenti parte di un mondo che è altro da noi.

Proviamo ora a dare una definizione dell’osservazione: che cosa distingue quest’ultima da ciò che abbiamo considerato come semplice “guardare”? I due termini hanno la stessa valenza o possiamo cogliere delle specificità?

Considerando attentamente le differenze che intercorrono tra l’atto del guardare e l’azione dell’osservare ci si può rendere conto di come, tra i due concetti, esista un’infinità di sfumature tali da produrre risultati alquanto differenti.

L’atto del vedere, del guardare è spontaneo, immediato, generico, non selettivo.

Diverso è invece osservare.

Elementi che connotano l’osservazione sono la finalità, l’intenzionalità: una persona che osserva ha un preciso obiettivo che consiste nella conoscenza e nella descrizione, il più possibile oggettiva, fedele e completa, di un determinato fenomeno, considerato rilevante e significativo rispetto a particolari interessi, motivazioni, curiosità; a tal proposito ci sembra interessante la definizione di Mantovani[1]: «l’osservazione è una forma di rilevazione finalizzata all’esplorazione di un determinato fenomeno».

L’osservazione si configura quindi come un processo cognitivo, in quanto non solo è orientata alla lettura di un fenomeno/situazione ma soprattutto alla sua comprensione.

Osservare significa mettere in luce alcune caratteristiche relative ad una cosa, persona, situazione ponendole in relazione con altre cose, persone, situazioni, all’interno di un contesto, inserite in un ambiente, in altre parole “situate” in una dimensione spazio-temporale ben definita.

Osservare significa anche registrare nel modo più oggettivo possibile le informazioni di cui abbiamo appena parlato (ritorneremo più avanti sul discorso relativo all’oggettività dell’osservazione).

 

L’osservazione, per come l’abbiamo definita, è un elemento basilare ed ineliminabile nel processo di ricerca scientifica ed è anche alla base della professionalità di educatori ed insegnanti, come cardine fondante la progettualità educativa (progettare presuppone il conoscere, comprendere la situazione di partenza).

Il fatto di lavorare con materiale “umano” non esclude una scientificità di metodo, e tale metodo non è innato ma deve essere acquisito.

Per lungo tempo si è pensato che fosse sufficiente raccogliere ordinatamente ed accuratamente una serie di informazioni ritenute significative per poter garantire scientificità ed oggettività alle rilevazioni effettuate (corrente empirista, che trovò la sua massima espressione nell’Ottocento con il Positivismo)[2].

Questa prospettiva, ormai superata, non tiene conto del fatto che ciascuno, per quanto si sforzi di registrare nel modo più preciso e sistematico il “frutto” di un’osservazione, faccia confluire elementi di soggettività, legati al proprio modo di “leggere” la realtà, ai propri parametri culturali di riferimento, alle proprie credenze, valori, …

E se, come abbiamo detto, osservare significa comprendere, appare chiaro come, in assenza di specifiche competenze ed abilità nell’osservare, sia difficile una comprensione scientificamente fondata di situazioni complesse come quelle di natura educativa.

Cerchiamo quindi di tracciare sommariamente il profilo di un “buon osservatore”.

 

 

 


Essere un buon osservatore

 

L’avere evidenziato le differenze che intercorrono tra guardare ed osservare ci ha aiutato a comprendere come non sia cosa scontata essere un buon osservatore.

Un buon osservatore, avendo ben chiaro l’obiettivo della propria attività conoscitiva ed il proprio quadro di riferimento, accosta la realtà da osservare con larghezza di vedute, ricettività per i dati e capacità di astenersi dal pregiudizio, evitando che i propri riferimenti valoriali, le proprie idee preconcette diventino l’unico metro di analisi dell’intera realtà.

Un bravo osservatore non dà nulla per scontato e considera anche quanto potrebbe a prima vista apparire come ovvio ed irrilevante, cercando con abilità di cogliere non solo le dimensioni globali ma anche i dettagli che caratterizzano le diverse situazioni.

Un abile osservatore è consapevole che l’osservazione non riguarda solo fatti ed eventi visibili ma anche la loro assenza, quindi non si ferma all’apparenza delle cose ma “guarda oltre”.

Un osservatore attento non si accontenta di un’osservazione dei fenomeni nella loro individualità e peculiarità ma cerca di cogliere l’aspetto globale e dinamico delle situazioni, evidenziando antecedenti, conseguenti, correlazioni (aspetti fondamentali nell’ambito dell’osservazione di situazioni educative).

Un osservatore competente non si limita a rilevare i dati ma cerca di dare una lettura di ciò che vede: questa operazione, che in apparenza potrebbe sembrare soggettiva e priva di fondamento scientifico, è invece parte essenziale e conclusiva del processo di osservazione, se condotto in maniera metodologicamente corretta.

 

Le considerazioni sinora fatte richiamano alla mente le figure dell’investigatore e del detective, personaggi rappresentativi per eccellenza della figura dell’osservatore; ad essi si sono ispirati molti studiosi che si sono occupati del metodo scientifico e uno di loro sarà ora preso come esempio al fine di trarre preziosi suggerimenti.

Citeremo alcuni passi tratti dalle vicende di Sherlock Holmes, per come ci vengono narrate dal suo autore, Sir Arthur Conan Doyle: pur non avendo la pretesa di elevare Holmes a simbolo del perfetto osservatore riteniamo che alcuni degli esempi di seguito citati siano sicuramente attuali.

 

Ne “Il segno dei quattro” Watson e Holmes discutono circa osservazione e deduzione

(Watson) «Ma avete parlato proprio adesso di osservazione e deduzione, Sicuramente l’una in una certa misura implica l’altra».

(Holmes) «Ma niente affatto… Per esempio, l’osservazione mi mostra che siete stato nell’ufficio postale di Wigmore Street questa mattina, ma la deduzione mi permette di sapere che da lì avete spedito un telegramma».

(Watson) «Giusto! Ma devo confessare che non riesco a capire come ci siete arrivato».

(Holmes) «È semplicissimo… Così assurdamente semplice che ogni spiegazione è superflua; e tuttavia può servire a definire i confini fra osservazione e deduzione. L’osservazione mi dice che avete del fango rossiccio sul collo delle scarpe. Proprio di fronte all’ufficio di Wigmore Street hanno divelto il selciato e ammucchiato della terra in modo che nell’entrarvi si è costretti a calpestarla. Quella terra è di un particolare colore rossiccio che non si trova, per quanto ne so, in nessun altro posto qui vicino. Fin qui è un’osservazione. Il resto è deduzione».

(Watson) «E come avete fatto allora a dedurre il telegramma?»

(Holmes) «Diamine, naturalmente sapevo che non avevate scritto una lettera, perché vi sono stato seduto di fronte per tutta la mattinata. Vedo poi che tenete un foglio di francobolli e un bel pacco di cartoline postali nella vostra scrivania aperta. E cosa sareste andato a fare allora in ufficio postale, se non a spedire un telegramma? Eliminati gli altri fattori, quello che rimane deve essere la verità».

 

Da “I signori di Reigate”

«Mi faccio scrupolo di non avere mai nessun pregiudizio e di seguire docilmente qualsivoglia fatto che possa guidarmi».

 

Da “Il segno dei quattro”.

«È per me di capitale importanza non permettere che il proprio giudizio sia influenzato da questioni personali. Un cliente ai miei occhi è una semplice unità, un fattore del problema. Le qualità emozionali sono nemiche del ragionamento chiaro».

 

Da “Il mastino di Baskerville”

«Il mondo è pieno di cose ovvie che nessuno in nessun caso osserva».

 

Da “Il mistero di Valle Boscombe”

«Non c’è nulla di più ingannevole di un fatto ovvio».

 

Da “L’avventura del soldato dal volto terreo”

«Mi sono allenato a notare ciò che vedo».

 

Da “Un caso d’identità”

«Mai fidarsi di un’impressione generale (…) ma concentrarsi sui dettagli».

 

Da “uno scandalo in Boemia”

«(…) è un errore capitale teorizzare prima di avere dei dati. Si comincia senza accorgersene ad adattare i fatti alla teoria invece che le teorie ai fatti».

 

 

 

 

 


2.             L’osservazione come strumento conoscitivo nella ricerca e nella prassi educativa

 

 

L’osservazione, per come l’abbiamo considerata sinora, viene a configurarsi come strumento attraverso il quale esercitare una funzione conoscitiva e di “controllo” rispetto all’azione educativa, la quale, condotta con metodo (cioè con rigore e senso critico), intenzionalità e sistematicità, assume così le caratteristiche di una ricerca osservativa di tipo sistematico[3].

Non si osserva con la finalità di esplorare una situazione già conosciuta, registrando informazioni a noi già note: si osserva quando si è in presenza di un bisogno conoscitivo, quando, rispetto ad una situazione, abbiamo la necessità di cogliere caratteristiche e/o dinamiche interne.

Esistono però alcune differenze tra un piano di ricerca strutturato (ad es. quello approntato per raccogliere informazioni su vasta scala per una ricerca estensiva) e quella che abbiamo definito come “ricerca educativa”, dove l’incontro tra osservatore ed osservato ha la caratteristica di “intensività” e continuità e nel quale gli elementi di influenzamento e coinvolgimento reciproco sono più difficili da tenere sotto controllo.

Il lavoro socio-educativo richiede un atteggiamento di attenzione e di ascolto, orientato a cogliere segnali che provengono da fonti diverse e che spesso sono difficili da percepire e da leggere: queste tracce permettono di incontrare la storia di un'altra persona, di entrare un po' alla volta nell'esperienza di un altro essere umano. Le citazioni che riportiamo di seguito illustrano un aspetto fondamentale del processo osservativo in ambito educativo: la comprensione dell’altro non può avvenire se non in un rapporto all’interno del quale si instaura inevitabilmente un’interdipendenza tra osservatore ed osservato.

«Gli approcci più recenti mettono in rilievo il fatto che la comprensione dell'altro non consiste esclusivamente, né in linea principale, nel mettersi nei suoi panni (empatia) quanto nella capacità di accettare e confrontarsi con esso, in quanto diverso da me (exotopia)»[4]

«Osservare qualcuno è allora guardarlo, prenderlo come oggetto ma nello stesso tempo è essere presi come oggetti da lui. Guardare non è più un'azione unilaterale ma diventa un’azione bilaterale, è un rapporto. Io guardo qualcuno e l’influenzo, ma l’altro, mentre io lo guardo, guarda me, influenzandomi»[5]

«Osservare non è un'azione ma un processo in cui tutti i poli risultano reciprocamente influenzati. (…) Ogni volta che osservo sono osservato, ogni volta che imparo qualcosa di imprevisto nell'altro, scopro un pezzetto anche di me, forse nascosto o solo impolverato». 3

Alla luce di quanto sopra descritto è importante che l’educatore non venga mai meno ad una precisa intenzionalità educativa.

Nell’analisi che faremo nelle pagine seguenti si considererà l’osservazione come prospettiva mentale, atteggiamento, processo, contenuto, strumento operativo irrinunciabile di chi agisce nel complesso e ramificato ambito socio-educativo: è fondamentale per l’operatore superare un atteggiamento ed un fare spontaneo ed acquisire una specifica metodologia da utilizzarsi, intenzionalmente, per conoscere, capire, rielaborare la varietà delle informazioni verbali e non, implicite ed esplicite, e delle dinamiche che interessano la vita di un singolo o di un gruppo.

È importante quindi che l'osservazione sia inserita all'interno di un'ipotesi di percorso: non si osserva tanto per osservare, si compie questa azione al fine di ipotizzare interventi, mettere in atto strategie, attuare mediazioni, confermare o modificare determinati atteggiamenti, effettuare verifiche periodiche.

Questo atteggiamento di attenzione mirata è correlato alla necessità di comprendere prima di intervenire. 

Si osserva al fine di valutare una situazione, quindi è importante avere ben chiaro quale finalità è alla base alla nostra valutazione.

Si fa una valutazione per prendere una decisione ed attuare un intervento, dunque è fondamentale che la valutazione sia svolta correttamente, evidenziando anche l’ambito più idoneo in cui mettere in atto l’osservazione.

Di fronte ad un problema, ad una situazione, l'educatore/insegnante che acquisisce una capacità osservativa si preoccupa, innanzitutto, di mettere a fuoco ciò che ritiene più significativo e rilevante. Questo lavoro di “scomposizione” degli eventi è estremamente prezioso perché aiuta ad individuare le singole variabili sulle quali si ipotizzeranno gli interventi.

Un esempio può chiarire meglio quanto esposto. Un adolescente manifesta episodi ricorrenti di aggressività nei confronti di alcuni compagni. L’educatore/insegnante, prima di intervenire, cercherà di capire (= comprendere) quali elementi possono sottostare a tale comportamento: questa è la finalità della sua osservazione, l’obiettivo della valutazione.  L’osservazione, guidata da un preciso intento, si focalizzerà sull’analisi di variabili quali la frequenza dei comportamenti, i contesti in cui le azioni aggressive vengono messe in atto, le caratteristiche dei compagni che le subiscono, gli eventi che le precedono o le seguono.

Tutti i passaggi evidenziati ci mostrano come, attraverso l’osservazione, può essere messo in atto quello che Magri e Rossi[6] definiscono come il «superare l’approccio al personaggio», lasciando da parte i condizionamenti e gli stereotipi e cercando di trovare invece l’attore.

Solo a partire da questi capisaldi la metodologia osservativa «cessa di essere uno strumento di pura indagine e acquista un valore anche terapeutico, perché finalizzato al cambiamento».


Parte seconda

 

 

 

Questa seconda parte sarà dedicata ad un approfondimento teorico riguardante alcuni parametri che, diversamente agiti, possono dare origine a paradigmi osservativi differenziati.

Come già accennato nell’introduzione (pag. 3), alcune tipologie e strumenti di osservazione che andremo ad esaminare sembreranno troppo specifici e lontani dalla prassi educativa che ordinariamente un operatore si trova ad affrontare. È tuttavia impensabile mettere in atto un’osservazione in ambito professionale senza rifarsi ad un paradigma teorico di riferimento: per ogni obiettivo esiste un modello privilegiato, ciascuno dei quali utilizza tecniche e metodologie specifiche. La loro conoscenza è indispensabile in quanto l’osservazione educativa non si configura come atteggiamento fine a se stesso ma ha origine da una riflessione teorica, da una capacità di valutazione critica.

Nell’ordine esamineremo:

1.      l’ambiente in cui può essere effettuata un’osservazione;

2.      il ruolo dell’osservatore durante il momento osservativo;

3.      il grado di strutturazione dell’osservazione;

4.      le principali tipologie di osservazione;

5.      gli strumenti di osservazione ad esse correlate.

 

 

 

 

 

 

 


1. Ambiente dell’osservazione

 

Considerando la variabile “ambiente” possiamo evidenziare due grandi modelli di osservazione:

1.      Osservazione condotta “sul campo”, in un ambiente naturale;

2.      Osservazione effettuata in un ambiente artificiale, detta anche osservazione “in condizioni controllate”.

 

 

Osservazione condotta sul campo

 

Con il termine “osservazione sul campo” (o ad orientamento naturalistico) si intende una rilevazione effettuata in una situazione di vita reale, quotidiana, dove il comportamento si produce in maniera spontanea. In tale ambito l’osservatore evita di influenzare con la propria presenza il contesto osservato, cercando di rilevare i fatti per come si presentano ai suoi occhi (e ai suoi sensi), non esercitando alcun tipo di controllo sull’oggetto della propria rilevazione ed evitando di dare letture interpretative.

Un paradigma osservativo ad orientamento naturalistico molto interessante è quello etologico (si vedrà più avanti).

 

 

Osservazione in condizioni controllate

 

Parlare di osservazione in condizioni controllate significa fare riferimento ad un tipo di rilevazione in cui si attua un controllo rispetto alla situazione e/o al comportamento da osservare.

Ciò che caratterizza questa procedura è il fatto che l’osservazione non ha come obiettivo la semplice descrizione di una situazione ma, come affermano Magri-Rossi, «è guidata da un sistema di ipotesi conoscitive ed operative che condizionano la scelta degli obiettivi e delle procedure»[7], ipotesi variabili anche in relazione al paradigma teorico a cui si fa riferimento.

In sostanza, quando si effettua un’osservazione in condizioni controllate, occorre definire alcuni parametri:

1.      L’oggetto dell’osservazione: cosa osservare.

2.      Le procedure e gli strumenti: come osservare.

3.      I tempi: quando osservare e con che frequenza.

 

 

 

 

Cosa osservare

Decidere che cosa osservare è la fase iniziale del processo osservativo: questa scelta, che prescinde, come già detto, dal paradigma teorico a cui facciamo riferimento, è inoltre determinata dalle ipotesi che guidano il nostro intento conoscitivo, dagli obiettivi della nostra rilevazione. 

È fondamentale restringere il campo conoscitivo, focalizzando l’attenzione su aspetti particolari e specifici della situazione che decidiamo di esplorare.

Non è possibile pensare di poter osservare tutto ciò che accade sotto i nostri occhi: sarebbe un procedimento poco proficuo e dispersivo e ci troveremmo in possesso di una quantità di elementi che difficilmente riusciremmo a collocare in un quadro unitario.

L’operazione di definizione del campo osservativo è indispensabile se si vogliono cogliere dati informativi significativi: è fondamentale mettere in evidenza gli elementi (categorie) che forniranno le informazioni necessarie ai fini della rilevazione, gli indicatori che ci diranno qualcosa rispetto alle variabili che abbiamo deciso di osservare, focalizzando la nostra attenzione su di essi.

 

 

Come osservare

Stabilire come osservare significa decidere di quali strumenti e procedure avvalerci per discriminare i dati che ci interessano. Esistono numerose tecniche, che verranno esaminate, nel dettaglio, più avanti, collegabili ad altrettanti paradigmi di riferimento, ciascuna delle quali è idonea rispetto a particolari obiettivi conoscitivi.

Volendo trovare un elemento unificante che caratterizzi il concetto in esame, riportiamo la schematizzazione proposta da Magri e Rossi[8] i quali evidenziano tre fasi costitutive della procedura osservativa:

1.      La focalizzazione. Focalizzare significa «circoscrivere gli elementi del problema conoscitivo», rendendo «esplicito ciò che degli stessi si conosce» e precisando quanto «sfugge alla loro comprensione ed interpretazione». Focalizzare significa «formulare ipotesi circa le caratteristiche delle variabili da mettere sotto controllo, il loro significato, la loro consistenza e le possibili interazioni significative. […] La focalizzazione permette di definire […] la scelta degli strumenti e delle modalità del loro utilizzo».

2.      La raccolta dei dati. Questa fase «prevede la registrazione dei comportamenti e la loro codifica, ossia la loro trascrizione e classificazione secondo categorie o unità di analisi più o meno ampie. […] È attraverso le procedure di codifica che è possibile individuare, analizzare e misurare le caratteristiche, la frequenza, la durata e l’intensità con cui si manifestano le variabili dei fenomeni sottoposti all’osservazione».

3.      L’analisi dei dati. «In genere si distingue fra analisi quantitativa e analisi qualitativa. Si parla di analisi di tipo quantitativo quando è possibile misurare, ossia determinare, mediante opportune scale, la frequenza, il grado di intensità o la durata con cui determinati eventi/comportamenti sono stati registrati. L’analisi di tipo qualitativo si fonda invece […] sull’inferenza, ossia su quel processo mediante il quale il ricercatore fornisce significato ai dati raccolti attraverso un’interpretazione soggettiva delle categorie di eventi o comportamenti osservati». 

 

 

Quando osservare

Scegliere quando osservare significa stabilire a priori la durata e la frequenza delle osservazioni che andremo ad effettuare.

Mantovani (1995), riferendosi al parametro in oggetto, evidenzia due grandi tipologie di campionamento:

1.      Campionamento temporale. Il metodo viene utilizzato quando l’intenzione dell’osservatore è quella di raccogliere informazioni «relative alla frequenza di un determinato comportamento (o più comportamenti). […] Il soggetto viene osservato ad intervalli di tempo intermittenti e di durata uniforme» durante i quali egli cerca di «descrivere tutto ciò che vede accadere».

2.      Campionamento di eventi. Si utilizza quando l’interesse dell’osservatore è orientato a cogliere «gli aspetti relativi alla sequenza e alle modalità con cui si presenta un determinato comportamento (cosa succede prima, dopo, come si struttura, quali sono le caratteristiche del contesto in cui si verifica)».

Mantovani mette inoltre in luce il fatto che, nell’ipotesi in cui la ricerca abbia come finalità quella di «seguire nel tempo le modificazioni e l’evoluzione del comportamento di un determinato soggetto, o di una situazione, si può optare per il metodo dei diari […]». Approfondiremo questo aspetto più avanti, quando parleremo degli strumenti per l’osservazione. Per il momento ci limitiamo a ricordare che, l’aver evidenziato diverse modalità di campionamento non significa che esse si escludano vicendevolmente: spesso, in una stessa rilevazione, esse vengono usate simultaneamente o in modo combinato.

 


2. Ruolo dell’osservatore

 

La diversa partecipazione, il differente livello di coinvolgimento che l’osservatore mette in atto durante lo svolgimento dell’osservazione danno origine a due differenti procedure operative, conosciute comunemente come “osservazione partecipante” e “osservazione non partecipante”. 

Ciò che caratterizza ciascun paradigma non è solamente, come si può evincere dal nome, il ruolo dell’osservatore ma anche il fatto che i soggetti osservati sappiano di essere, per l’appunto, “oggetto” di una rilevazione; ciascun approccio presenta aspetti positivi e limiti: la scelta varierà, come sempre, in funzione dell’obiettivo dell’osservazione.

 

 

Osservazione partecipante

 

Quando parliamo di osservazione partecipante ci riferiamo al fatto che, durante la rilevazione delle informazioni, l’osservatore prende parte attivamente alla situazione che si sta svolgendo, è integrato nel gruppo, partecipando alla vita del gruppo stesso, interagisce con i soggetti osservati in una dimensione dinamica che lo coinvolge direttamente.

In genere si parla di “osservazione partecipante” intendendo un tipo di rilevazione avente luogo a partire da un accordo tra osservatori ed osservati, nella condivisione di un quadro di riferimento comune: obiettivo di tale rilevazione è la comprensione della situazione educativa dall’interno, in un contesto che prevede l’affiancamento di osservatori ai protagonisti, in un costante confronto di prospettive. Solitamente questa tipologia di osservazione viene agita all’interno di contesti scolastici, prevedendo il coinvolgimento congiunto di ricercatori ed insegnanti, i quali collaborano al fine di evidenziare aspetti di evoluzione all’interno del lavoro educativo.

Postik e De Ketele[9]  evidenziano, a seconda del numero di partner implicati, del tipo di situazione pedagogica e del tipo di progetto, diverse forme di osservazione partecipante:

-         I ruoli di osservatore ed osservato sono ricoperti da un’unica persona la quale decide di sperimentare direttamente una certa situazione al fine di comprenderne la dinamica interna e confrontare, in un momento successivo, le proprie osservazioni con quelle di altre persone coinvolte nella stessa situazione.

-          Una persona, già coinvolta nel ruolo di “attore” in una situazione, decide di considerarla con distacco, assumendo il doppio ruolo di protagonista ed osservatore.

-         Una o più persone, con presenza più o meno duratura, eseguono un’osservazione continua di una situazione pedagogica, confrontando in un momento successivo i risultati delle loro rilevazioni.

-         L’osservazione partecipante è legata sia ad una ricerca-azione, sia ad un’azione di formazione.

Il metodo dell’osservazione partecipante è tipico dell’osservazione etnografica ed in tale ambito si concretizza attraverso la raccolta da parte di un ricercatore di informazioni relativa a ciò che avviene in una comunità di persone nella quale egli si inserisce e con la quale interagisce al fine di studiarne i sistemi simbolici, i significati, ecc.

 

 

Osservazione non partecipante

 

Il termine “osservazione non partecipante” designa, solitamente, un tipo di rilevazione nella quale l’osservatore, spesso utilizzando gli stessi strumenti dell’osservatore partecipante, cerca di influenzare il meno possibile ciò che avviene nel contesto osservato, ricoprendo una posizione esterna alla realtà studiata e non interagendo con essa.

Esistono tecniche particolari per permettere questo “sguardo dall’esterno”: esempi di ciò possono essere lo specchio unidirezionale o strumenti di rilevazione automatica quali videocamera o registratore. Volendo invece compiere questo tipo di esplorazione mantenendo la propria presenza nel contesto osservato, è opportuno che l’osservatore cerchi di adottare strategie utili al fine di non essere percepito come tale dai soggetti implicati. Può ad esempio introdursi nell’ambiente facendosi accettare gradualmente nel gruppo (ovviamente non rivelando il proprio ruolo di osservatore), iniziando la registrazione dei dati solo quando ha la certezza che la sua presenza non reca in alcun modo disturbo né influenza il normale svolgersi delle relazioni tra gli individui. Questo sistema funziona in particolar modo nell’osservazione di bambini i quali in presenza di un adulto estraneo all’interno del gruppo, dopo una fase iniziale di curiosità, non si curano più di esso, continuando normalmente le usuali attività.

 


3. Grado di strutturazione dell’osservazione

 

D’accordo con quanto affermato da Postik e De Ketele[10] riteniamo riduttivo operare una distinzione tra metodi qualitativi e quantitativi, soprattutto perché un’osservazione configurantesi inizialmente come qualitativa potrebbe, in un secondo momento, porre in luce ipotesi che richiedono una raccolta sistematica di dati quantitativi.

Una catalogazione più adeguata sembra essere quella di seguito proposta, la quale opera un distinguo tra diversi livelli di strutturazione dell’osservazione.

 

 

 

 

 

Osservazione strutturata (sistematica)

Condurre un’osservazione sistematica significa rivolgere l’attenzione al comportamento effettivamente messo in atto in una precisa situazione, registrando fedelmente le informazioni ricercate; significa operare in contemporanea con lo svolgimento dei fatti, sforzandosi di cogliere le dinamiche all’interno del contesto considerato.

L’osservazione definita “sistematica” ha un obiettivo ben preciso, definito a priori, viene effettuata su soggetti designati in precedenza e prevede la messa a punto preventiva di un sistema pianificato di raccolta e classificazione delle informazioni, il quale consente, in seguito, l’applicazione di tecniche statistiche di analisi dei dati raccolti.

Una volta svolte in maniera efficace queste procedure sarà importante addestrare osservatori affinché utilizzino con padronanza metodologica gli strumenti per la rilevazione di dati: le informazioni raccolte vengono annotate immediatamente dall’osservatore, immerso e partecipe della situazione, e catalogate con l’ausilio di griglie appositamente predisposte, le quali definiscono categorie di comportamento analizzate nella loro specificità.

L’osservazione sistematica, per come l’abbiamo presentata, «è di competenza della corrente della pedagogia sperimentale classica»: in tale ambito la preoccupazione principale del ricercatore è quella di «definire con cura le variabili implicate nel suo oggetto di studio e costruire un dispositivo d’osservazione che si avvalga di garanzia di ripetibilità da parte di altri ricercatori. Nell’osservazione sistematica le tappe preliminari all’osservazione propriamente detta sono particolarmente importanti e determinanti […]»[11]

Sempre facendo riferimento a quanto affermato da Postic e De Ketele (1993) evidenziamo alcune delle caratteristiche necessarie affinché un’osservazione possa definirsi “sistematica”:

1.      La pertinenza. Occorre chiedersi se ciò che stiamo per osservare sia pertinente al raggiungimento dell’obiettivo che ci siamo prefissati: variabili, indicatori e contesto di osservazione devono essere chiaramente predefiniti.

2.      La validità. Dobbiamo domandarci se gli indicatori che abbiamo evidenziato come significativi sono realmente rappresentativi della variabile sulla quale stiamo indagando.

3.      L’affidabilità. Occorre verificare il grado di accordo tra osservatori diversi, ovvero chiedersi se l’osservazione di una medesima situazione, condotta da persone diverse o da una stessa persona in momenti diversificati, presenta risultati simili. 

4.      La trasferibilità. È essenziale che i risultati di una ricerca sistematica, condotta su un campione ritenuto dal ricercatore rappresentativo di una popolazione più estesa, possano essere generalizzati e trasferiti a tale popolazione.


Osservazione con basso grado di strutturazione (esperienziale)

 

«Condurre un’osservazione con un basso livello di strutturazione significa concentrare l’attenzione sull’analisi degli atteggiamenti, delle percezioni, delle credenze dei soggetti osservati, mettendo al primo posto il vissuto rispetto al comportamento»[12].

Chiaramente il punto di partenza è sempre un comportamento, anche perché sarebbe difficile immaginare di avere un’opinione, un atteggiamento che non sia collegabile ad un modo di porsi; a partire da un’esperienza concreta, vissuta personalmente o da altre persone, l’analisi però si spinge oltre, entrando nel territorio dei “vissuti”.

L’azione dell’osservatore non è orientata alla registrazione degli eventi nel momento stesso della loro messa in atto, bensì consiste nel raccogliere, in un tempo successivo, le informazioni necessarie, avvalendosi di strumenti quali, interviste, diari, questionari, a volte audiovisivi: è importante che i soggetti coinvolti nell’indagine siano consapevoli degli obiettivi della rilevazione e dimostrino una fattiva collaborazione.

La descrizione che l’osservatore farà del materiale raccolto avrà la caratteristica della narrazione, del racconto; presumibilmente i dati rilevati saranno per lo più di tipo qualitativo.

Questa modalità osservativa è caratterizzata dal fatto che è possibile raccogliere una grande quantità di dati osservativi che saranno oggetto di una classificazione e codificazione svolta in un secondo tempo, con modalità opportune.

Spesso l’osservazione destrutturata viene utilizzata con finalità “esplorativa” per la raccolta di informazioni “sul campo” al fine di definire, con precisione, ipotesi per un piano di ricerca più strutturato.

 

 


4. Tipologie di osservazione

 

A partire dai concetti espressi nei capitoli precedenti illustriamo ora, tra i diversi paradigmi osservativi, tre degli approcci più utilizzati in ambito educativo.

 

L’osservazione induttiva: il modello etologico

 

L’etologia, detta anche osservazione naturalistica, nasce come scienza dedita allo studio del comportamento animale e della sua evoluzione: ha come scopo la messa in luce di schemi di comportamento (innati, determinati geneticamente) caratteristici di tutti gli esseri appartenenti ad una determinata specie.

Il metodo, messo a punto da Konrad Lorenz e Niko Tinbergen, fu in seguito esteso anche all’analisi del comportamento umano (in particolar modo quello infantile) ed utilizzato soprattutto dalla psicologia dello sviluppo.

I cardini su cui si fonda l’approccio etologico possono essere così sintetizzati:

a)     Il soggetto deve essere osservato nel suo ambito di vita naturale, senza l’utilizzo di strumenti di rilevazione che possano alterarne il comportamento spontaneo.

b)     L’osservatore non deve interferire nella situazione osservata (osservazione “non partecipante”): diversamente si potrebbe influenzare la manifestazione spontanea del comportamento. Alcune tecniche e accorgimenti utili per evitare quanto accennato possono consistere nell’utilizzare strumenti di rilevazione automatica (es. telecamera, registratore) oppure nel far sì che il ruolo di osservatore sia coperto da una persona familiare con l’ambiente (ad es. l’insegnante in una classe), di modo che la presenza di costui non venga percepita come estranea.

c)     La descrizione dei comportamenti osservati deve essere effettuata nel modo più preciso, dettagliato e oggettivo possibile, evitando di esprimere opinioni valutative o interpretazioni personali che possano alterare la comprensione del fenomeno. L’obiettivo finale di tale rilevazione è la costruzione dell’etogramma cioè un repertorio (catalogo analitico) di modelli di comportamento propri del soggetto o animale osservato.

Come già detto, l’utilizzo del paradigma etologico è molto funzionale nello studio della psicologia del bambino piccolo in quanto permette di verificare in quale periodo si manifestano alcuni schemi comportamentali, quali ad esempio il sorriso sociale, l’interazione con gli altri, ecc.

«Mettere in relazione diversi elementi d’osservazione permette di raggiungere il significato dei comportamenti in un dato ambiente di vita e di comprendere l’origine di alcuni meccanismi comportamentali che si radicano lungo tutta l’infanzia.»[13]

Gli strumenti principalmente utilizzati per la rilevazione dei dati sono la dettatura al registratore, la videoregistrazione e l’utilizzo di check-list di comportamenti (vedi cap. seguente).

 

 

L’osservazione soggettiva: il modello psicoanalitico centrato sull’osservazione

 

L’osservazione soggettiva, di derivazione psicoanalitica, pur traendo le sue origini dalla necessità di osservare la relazione tra il bambino piccolo e la madre (“infant observation”), fornisce un contributo interessante per l’osservazione di situazioni educative non riconducibili esclusivamente al settore dell’infanzia.

Ciò che caratterizza principalmente questa metodologia è il fatto che l’osservatore rivolge la sua attenzione non solo verso l’esterno ma soprattutto verso l’interno, cogliendo oltre all’oggettività dei dati concreti, gli elementi facenti parte della propria individualità, legati quindi alle proprie reazioni (soggettive) nei confronti di determinati avvenimenti o situazioni. La descrizione dei fatti è caratterizzata principalmente da elementi qualitativi, spesso accompagnata da ipotesi di lettura effettuate dall’osservatore stesso.

L’aspetto fondamentale e caratteristico dell’osservazione psicoanalitica è l’attenzione al contesto emotivo: si configura quindi un’osservazione di tipo partecipante in cui l’osservatore, non solo attore della relazione ma anche emotivamente coinvolto in essa, analizza non tanto gli accadimenti oggettivi quanto le dinamiche delle relazioni.

La modalità di rilevazione dei dati raccolti viene svolta a posteriori, attraverso la stesura di relazioni descrittive degli elementi sopra indicati.

 

L’osservazione deduttiva: il modello clinico-sperimentale

 

Il termine clinico conduce a pensare ad un’osservazione approfondita e prolungata, effettuata su casi individuali: in realtà quando si parla di “caso” (clinico) non si intende esclusivamente un soggetto nella sua singolarità ma ci si riferisce anche ad una situazione avente una propria e personale storia (ad esempio una classe scolastica, un gruppo di adolescenti frequentante un centro di aggregazione, ecc.).

L’obiettivo del metodo clinico consiste, attraverso un’osservazione prolungata nel tempo, nell’effettuare un’analisi approfondita del caso, rendendone evidente la realtà interna, mettendo in luce, cioè, le caratteristiche dei processi sottostanti i comportamenti osservati.

In generale tutti i metodi osservativi che si richiamano al modello clinico hanno in comune il fatto di essere svolti in un contesto strutturato e di essere guidati da una o più ipotesi conoscitive: in ambito educativo e scolastico il metodo clinico è sicuramente il più utilizzato, anche se spesso inconsapevolmente.

Un esempio di osservazione clinica è fornito dalle ricerche di Piaget la cui preoccupazione fu quella di stabilire un’interazione tra “osservatore” ed “osservato” che si svolgesse in un contesto naturale.

Piaget mise in atto le sue rilevazioni attraverso l’osservazione dei suoi tre figli, proponendosi in tal modo di indagare sullo sviluppo dell’intelligenza nei primi due anni di vita; egli unì quindi un’osservazione individuale con una procedura definita “quasi sperimentale”, cioè applicò le strategie d’indagine del ricercatore alle reazioni del bambino.

L’osservazione effettuata da Piaget viene svolta “sul campo”, in situazioni “normali” di gioco: nel caso in questione la presenza dell’osservatore (lo stesso Piaget) non costituisce elemento di disturbo in quanto egli è figura familiare e conosciuta ai bambini.

Nella fase iniziale delle sue ricerche egli utilizzò principalmente lo strumento del dialogo: ponendo domande ai propri figli Piaget cerca di comprendere il loro pensiero, strutturando le domande seguenti sulla base delle risposte date e contemporaneamente orientando la discussione verso un itinerario ben preciso e a lui chiaro. Il linguaggio utilizzato durante il colloquio si adatta a quello del bambino e alla tipologia delle risposte da quest’ultimo date; in un secondo momento il bambino viene osservato anche durante l’esecuzione di attività proposte e guidate dall’osservatore, secondo un piano ben preciso (cioè Piaget è ben consapevole di quali aspetti vuole indagare e agisce di conseguenza).

Appare evidente come, nonostante il dialogo non sia guidato da domande decise a priori, l’osservatore possegga chiarezza e consapevolezza rispetto all’obiettivo della rilevazione (che è quello di conoscere la nozione di pensiero nei bambini).

Nonostante alcune critiche riguardanti il fatto che il metodo piagetiano appaia più orientato a cogliere gli aspetti qualitativi rispetto ai dati quantitativi (discostandosi in tal modo dal metodo sperimentale classico), riteniamo che, sia il fatto di aver chiaro lo scopo del proprio osservare sia l’aver predisposto un contesto adeguato all’obiettivo della rilevazione, costituiscano gli elementi che ne determinano la scientificità.

La tabella alla pagina seguente mostra in sintesi le caratteristiche salienti degli approcci sopra evidenziati, ponendo in evidenza anche limiti e vantaggi di ciascuno di essi.

 

 


Paradigma osservativo

CHE COSA SI OSSERVA

COME SI OSSERVA

QUALI SONO I RISULTATI

QUALI SONO I VANTAGGI

QUALI SONO I LIMITI

 

 

 

 

OSSERVAZIONE INDUTTIVA

(modello etologico)

Non esiste un oggetto parti­co­lare di osservazione. Si osserva tutto ciò che si vede, prenden­done nota nella consapevolezza che una quantità di informa­zioni raccolte potranno rivelarsi utili quando se ne presenta l’occasione

Si guarda diretta­mente, pren­dendo nota dei comporta­menti che si sono osservati, spesso sud­dividendoli in classi di com­porta­menti.

Questo tipo di osserva­zione serve soprattutto all’insegnante per abi­tuarsi a vedere nel det­taglio (come attraverso una lente d’ingrandimento) alcune situazioni comporta­mentali.

+ Anche in un ambiente na­tu­rale, in contesto estra­neo al laboratorio, si rie­scono ad ef­fettuare una rilevazione com­pleta, ac­curata e precisa.

+ I dati raccolti attraverso strumenti strutturati hanno il pregio di poter essere catalo­gati, analizzati ed elaborati del punto di vista quantita­tivo.

- Anche la descrizione minu­ziosa e dettagliata di un fe­nomeno può risentire di ele­menti di sog­gettività, poiché ciascuno sele­ziona ciò che gli appare più si­gnificativo.

- È veramente possibile os­ser­vare senza avere un’aspettativa sull’oggetto della rilevazione?

- A volte il segmentare troppo il comportamento, riducen­dolo in categorie molto pic­cole, può far per­dere la glo­balità del dato os­servato.

 

 

 

 

OSSERVAZIONE SOGGETTIVA

(modello psicoanalitico)

L’oggetto dell’osservazione sono le reazioni soggettive dell’osservatore rispetto a determinate situazioni da lui analizzate, le dinamiche delle relazioni.

Lo scopo non è tanto analizzare ciò che ac­cade ma la modalità con cui questa cosa accade.

In seguito all’osservazione si organizzano incontri collettivi in cui il conduttore aiuta cia­scun osservatore a rileg­gere i com­portamenti descritti ed i propri vissuti.

Questa metodologia è un aiuto all’operatore al fine di:

a)      ridurre l’ansia colle­gata al proprio operato

b)      Trovare soluzioni con­crete ai problemi incon­trati nella propria atti­vità professionale.

+ Il fatto di avere un’ipotesi di partenza ben chiara permette di con­centrare l’attenzione su determinati aspetti, re­strin­gendo il campo os­servativo.

+ Si possono raccogliere dati interessanti riguar­danti aspetti relazionali ed affettivi.

+ L’aspetto qualitativo dell’osservazione contri­buisce a fare chiarezza sui processi che sotto­stanno a singoli compor­tamenti (che, estra­polati da un contesto globale, sarebbero difficilmente leggi­bili).

- La presenza di un unico osser­vatore può compro­mettere l’attendibilità dei dati raccolti.

- Il fatto di registrare le os­serva­zioni a posteriori porta inevita­bilmente ad una perdita di informazioni.

- Trattandosi di un’osser­vazione qualita­tiva po­treb­bero interve­nire nella regi­strazione elementi di infe­renza (= interpreta­zione).

- I dati raccolti sono diffi­cilmente traducibili ai fini di un’analisi quantitativa.

 

 

OSSERVAZIONE DEDUTTIVA

(modello clinico-speri­mentale)

L’osservazione verte su un particolare problema, ogget­to dell’indagine. L’attività speci­fica che l’operatore in­tende proporre è preceduta da un momento di raccolta di in­formazioni su particolari te­matiche, eventualmente utili per la programmazione.

Viene creata una situazione “ad hoc” nella quale possano essere osservate le variabili che interes­sano. I dati rac­colti in seguito all’osserva­zione sono selezio­nati ed analizzati.

In base ai dati osserva­tivi vengono program­mate le at­tività. La stessa metodologia viene usata per la veri­fica, valutando la positi­vità di una strategia in seguito ad even­tuali cambiamenti avvenuti.

+ L’osservatore parte da pre­cise ipotesi che vengono con­trollate man mano che pro­cede la conversazione

+ Metodo molto utile, in am­bito scolastico, per raccogliere informazioni sulle caratteristi­che degli allievi, loro atteg­giamenti e aspirazioni.

- Non si possono individuare re­gole fisse per la diagnosi dei dati osservati.

- C’è il rischio che, se l’osservatore non è ade­guata­mente preparato, possa sugge­stionare, con il suo comporta­men­to o le sue verbalizzazioni le ri­sposte dei soggetti osser­vati.

 


5. Strumenti per l’osservazione

 

Dopo aver analizzato le diverse tecniche e tipologie di osservazione viene spontaneo chiedersi quali strumenti, modalità, procedure, siano più opportuni per raccogliere le informazioni a noi necessarie (anche se in parte, considerando l’approfondimento fatto sinora, alcuni di essi sono stati accennati).

Anche in questo ambito, così come nei casi precedentemente descritti, non dimentichiamo che la scelta di uno strumento piuttosto che di un altro deve sempre essere fatta in funzione dell’obiettivo della rilevazione, dato che essa inevitabilmente condiziona sia l’attendibilità dei dati raccolti sia le procedure di analisi ed interpretazione degli stessi[14].

Abbiamo più volte riflettuto sulla complessità e la poliedricità dei fenomeni educativi, sulla loro unicità ed irripetibilità: fare riferimento ad una dimensione idiografica, tuttavia, non comporta necessariamente la rinuncia a strumenti di rilevazione che abbiano caratteristica di validità, precisione, fedeltà ed attendibilità.

 

Facciamo per un attimo un salto indietro.

Parlando del livello di strutturazione dell’osservazione (pag. 23) abbiamo evidenziato due diversi ambiti: l’osservazione sistematica e l’osservazione esperienziale. Riferendoci a queste due classificazioni operiamo ora un distinguo tra i più significativi strumenti di osservazione, sempre consapevoli del fatto che sta alla professionalità e all’abilità del ricercatore, educatore, insegnante avvalersi di volta in volta di quelli ritenuti più efficaci per ogni singola situazione.

Considereremo tecniche di tipo manuale (carta e matita) e tecniche di rilevazione automatica, quali ad es. audio-videoregistrazioni. Vedremo come la registrazione può essere di tipo narrativo (fatta per iscritto o “raccontata” al registratore in simultanea con l’avvenimento dei fatti) oppure più strutturata, selezionando i dati e catalogandoli con l’ausilio di griglie e check-list di comportamento.

Nella pagine seguente un diagramma illustra schematicamente quanto, in seguito, andremo ad analizzare nel particolare.

 

 


 

 

 

 

 

 


Strumenti di osservazione strutturati, metodi “chiusi”

(osservazione sistematica)

 

 

Gli strumenti di rilevazione strutturati solitamente vengono utilizzati quando si prevede di raccogliere informazioni su di un campione molto esteso, magari ipotizzando anche un’analisi statistica dei dati.

Per poter operare a livello statistico è indispensabile che le categorie di riferimento siano delimitate, finite, prestabilite: gli strumenti di rilevazione, di conseguenza, saranno elaborati sotto forma di schemi di classificazione e categorizzazione di comportamenti o atteggiamenti che, a priori, ipotizziamo si possano manifestare in una data situazione.

In sostanza, prima di mettere a punto uno strumento di osservazione strutturata, qualunque esso sia, è opportuno chiedersi a quali persone ci rivolgeremo (età, livello scolastico, classe sociale) che cosa vogliamo osservare, a che livello di profondità, quali sono i comportamenti che ci daranno maggiori informazioni rispetto all’obiettivo conoscitivo, quali elementi si configurano come significativi al fine di poter confermare o smentire l’ipotesi di partenza, che criteri intendiamo seguire per la formazione delle categorie, ecc., il tutto ovviamente in linea con il background teorico che orienta il nostro operato.

Fondamentale è inoltre la cosiddetta “taratura”: essa si attua testando concretamente lo strumento su un campione di soggetti rappresentativo di coloro per i quali è stato predisposto.

Altro aspetto determinante al fine di una raccolta di dati che siano rappresentativi del fenomeno in oggetto consiste nell’addestramento dell’osservatore all’utilizzo dello strumento

Elenchiamo di seguito alcuni tra gli strumenti più significativi, evidenziando il loro possibile utilizzo in ambito educativo.

 

 

 

 

 

 

 

L’osservazione videoregistrata

La procedura di videoregistrazione di un avvenimento, a patto che sia svolta facendo in modo che i soggetti osservati non sappiano di essere tali, garantisce più di qualsiasi altro strumento attendibilità ed affidabilità all’osservazione svolta.

Esaminiamo le ragioni di ciò:

1.      Permette di avere una descrizione molto precisa e fedele degli avvenimenti osservati. Il fatto di usufruire di una riproduzione praticamente “dal vivo” ed il vantaggio di poter, in un secondo tempo, rivedere ed analizzare quanto registrato, usufruendo della possibilità del fermo immagine o del “rallenty”, è di aiuto anche ad un osservatore poco esperto: egli potrà così cogliere tutti gli elementi che ritiene significativi senza che vi sia perdita di informazioni.

2.      Evita errori di rilevazione dovuti, ad esempio, all’affaticamento dell’osservatore.

3.      Consente, simultaneamente, l’osservazione di più persone che interagiscono all’interno di un gruppo, riuscendo a cogliere meglio le dinamiche che in esso avvengono.

4.      È molto utile per effettuare un’analisi su livelli/variabili differenti, quali ad esempio la relazione tra le persone, il comportamento non verbale, le relazioni oggettuali, ecc.). Mentre per un’osservazione “in simultanea” è indispensabile effettuare a priori una chiara formulazione dell’obiettivo, in questo tipo di osservazione si può procedere a posteriori all’evidenziazione del nucleo centrale degli aspetti che si ritiene opportuno osservare.

5.      Permette un confronto intersoggettivo tra più osservatori (anche in tempi differenti) rispetto ad un medesimo episodio.

Accanto a questi aspetti sicuramente positivi vi è un unico rischio, consistente nel fatto che la raccolta di un materiale in un così vasto campo di osservazione potrebbe rendere molto laboriosa e complessa la procedura di codifica dei dati significativi.

 

 

 


Altri strumenti strutturati

 

Le griglie di osservazione

La griglia permette l’osservazione di un singolo individuo nel contesto ed è un valido aiuto per educatori ed insegnanti al fine di effettuare un’adeguata programmazione educativa e didattica. Sarebbe opportuno utilizzare questo strumento partendo da un’ipotesi costruttiva, con la finalità di evidenziare le potenzialità, le abilità, ciò che ciascuno “sa fare” o “dimostra di essere” nell’ambito del quotidiano e non quale metro per misurare le difficoltà, i limiti. L’utilizzo di griglie in ambito educativo può aiutare il gruppo di lavoro (insegnanti o educatori) ad entrare in comunicazione, facilitando l’organizzazione del lavoro collettivo e permettendo di superare la solitudine che molto spesso connota la relazione educativa.

La griglia prevede una serie di categorie di comportamenti “bersaglio” che costituiscono lo strumento attraverso il quale l’operatore “legge” la realtà educativa del singolo o del gruppo: è quindi fondamentale dedicare tempo ed attenzione alla sua messa a punto, perché, esemplificando attraverso una metafora, solo avendo un paio di occhiali adeguati siamo in grado di vedere, senza distorsioni, ciò che ci circonda.

La dimensione delle categorie può essere variabile: si può privilegiare l’aspetto analitico, optando per una dimensione molecolare, oppure si possono creare aree più vaste, orientandoci verso un aspetto più globale (molare).

La scelta, come già detto, dipende sempre dall’obiettivo, anche se, in genere, è consigliabile propendere per la prima soluzione: nel caso in cui ci si accorga che l’analisi entra troppo nello specifico si potrà sempre riadattare lo strumento senza perdere tempo per ricodificare le informazioni raccolte (cosa che invece sarebbe inevitabile nell’ipotesi contraria).

Il contenuto delle categorie deve essere definito in modo chiaro, senza ambiguità che rendano difficile la collocazione dei comportamenti/atteggiamenti ad esse afferenti. Si può fare riferimento ad aspetti oggettivi, quali possono essere, ad esempio, caratteristiche di tipo fisico (es. descrivere una persona nei suoi tratti somatici, nel suo modo di camminare, di muoversi…) oppure considerare ambiti di tipo psicologico e relazionale, aventi una dimensione qualitativa, quindi più complessa.

Importante è che una griglia, nella sua globalità, preveda la codifica di tutte le dimensioni che ci aspettiamo di poter rilevare rispetto ad un determinato fenomeno/situazione, senza tralasciarne alcuna: la “taratura” (vedi sopra) può essere d’aiuto in questa operazione.

Per quanto riguarda la modalità di utilizzo, essa può essere utilizzata sia per codificare materiale osservativo registrato in precedenza oppure, se l’osservatore è abile, per annotare comportamenti nel momento della loro messa in atto (in simultanea).

 

 

Le check-list (o griglie di controllo)

Con il termine check-list si intende un elenco di comportamenti evidenziati a priori, più o meno approfondito, il quale serve da guida all’osservatore al fine di rilevarne, in modo ordinato e sistematico, la presenza e la frequenza in un determinato intervallo di tempo (dai 15 minuti ad un massimo di 2 ore). I comportamenti osservati non si riferiscono esclusivamente al soggetto osservato ma possono riguardare anche il modo di porsi e relazionarsi dell’insegnante/educatore.

Relativamente alla modalità di rilevazione si prevedono momenti di osservazione, seguiti da una fase di registrazione e catalogazione dei dati raccolti, alternatisi nel corso del tempo stabilito (= osservazione – registrazione – osservazione – registrazione …).

Come abbiamo già accennato parlando delle griglia di osservazione, anche per quanto riguarda la check-list le categorie possono avere dimensione più o meno ampia, ovviamente sempre in funzione dell’obiettivo conoscitivo.

Nell’ambito dell’osservazione di situazioni naturali la check-list è uno degli strumenti più idonei, in quanto maneggevole e poco invasiva: è tuttavia consigliabile utilizzarla in abbinamento ad altre tecniche che approfondiscano l’analisi anche su livelli da essa non contemplati, quale ad es. quello relazionale: diversamente c’è il rischio di evidenziare una sequenza di azioni che, per quanto realistica ed oggettiva, sia difficilmente leggibile e contestualizzabile.

 

 


Le scale di valutazione

Le scale di valutazione non solo hanno il pregio di rilevare la presenza o l’assenza di una determinata caratteristica (obiettivo a cui risponde egregiamente la check-list) ma ci dicono, in aggiunta, il livello con cui essa è presente, operando quindi una misurazione, una classificazione dei dati secondo un criterio prestabilito.

L’utilizzo prevalente delle scale di valutazione riguarda l’ambito degli atteggiamenti e dei comportamenti, siano essi relativi agli insegnanti o agli allievi: alla persona viene chiesto di formulare un giudizio il più possibile equilibrato in merito a quanto richiesto.

Al pari della check-list essa è uno strumento maneggevole e di facile utilizzo in quanto permette la raccolta di numerosi dati in un tempo relativamente breve. Un elemento che la fa preferire alla check-list è il fatto che, pur compiendo un’analisi approfondita di aspetti complessi riguardanti le situazioni educative, consente il trattamento statistico dei dati ricavati, i quali, come vedremo fra poco, si collocano all’interno di una scala ordinale.

Operativamente si costruisce una scala di valutazione elencando una serie di atteggiamenti dei quali si ritiene utile valutare l’intensità o la frequenza:  a ciascuno di essi viene affiancata una scala graduata adeguata all’obiettivo conoscitivo, contrassegnata da numeri (1, 2, 3, …), da affermazioni (mai, qualche volta, spesso, sempre) o da simboli grafici indicanti un ordine generalmente progressivo (crescente o decrescente): essi costituiscono gli indicatori di livello.

Nonostante la denominazione, precisiamo che lo strumento in questione non ha una finalità valutativa ma solo descrittiva: si tratta semplicemente di rilevare dati di fatto e sarebbe errato generalizzare e trarre conclusioni interpretative a riguardo.

 

 

I sistemi di categorie

La rilevazione effettuata con l’utilizzo dei sistemi di categorie, diversamente da quella messa in atto con le check-list o con le scale di valutazione, consente di considerare una situazione nel suo aspetto dinamico e nella sua globalità, prevedendo la codifica, per ciascuna unità o segmento di analisi scelto (ad es. una discussione, una seduta di lavoro), di ogni avvenimento osservato, secondo categorie predeterminate (le quali generalmente sono in numero limitato, al di sotto della dozzina).

La caratteristica principale di questo strumento è data dal fatto che le categorie di cui sopra costituiscono un insieme finito e sono mutualmente escludenti, ovvero ogni comportamento può essere (e deve essere) classificato in una sola di esse; la classificazione può essere di tipo qualitativo e quantitativo e, nel complesso, deve prevedere tutti i comportamenti possibili in una determinata situazione (deve essere, cioè, esaustiva rispetto ad essa). L’uso dei sistemi di categorie comprende unità di osservazione “molecolari” cioè di dimensioni ridotte. Funzionale al lavoro di analisi dei dati è ordinare le categorie secondo una gerarchia di valori.

Un esempio, illustrato da Magri e Rossi (1998), può aiutare a chiarire il concetto.

 

 

 

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4

5

 

 

Attutisce le tensioni

 

Fa progredire la discussione

 

Collabora

 

Frena o si limita a parlare

 

Aumenta la tensione

 

 

 

 

Gli inventari o sistemi di segni

Analogamente ai sistemi di categorie, anche i sistemi di segni sono costituiti da un elenco di azioni o avvenimenti specifici che possono accadere in un determinato periodo di tempo; la differenza tra le due modalità osservative sta nel fatto che, per quanto concerne gli inventari, la procedura di codifica delle unità comportamentali non prevede necessariamente l’annotazione e catalogazione di ogni avvenimento osservato, potendo così predisporre un numero maggiore di item di osservazione. Un'altra differenza riguarda i tempi previsti per l’osservazione che in genere sono relativamente lunghi.

La modalità di codifica dei dati può variare a seconda dell’obiettivo della rilevazione e può consistere ad esempio nell’annotazione del comportamento osservato qualora egli si manifesti, nell’annotazione della frequenza di tale comportamento oppure nella misurazione (con l’ausilio di un cronometro) della durata di apparizione dello stesso[15].

 

 

Strumenti di osservazione di tipo narrativo-diaristico, metodi “aperti”

(osservazione esperienziale)

 

 

Per un educatore o un insegnante che lavora con continuità con un gruppo o con singoli, e anche nell’ambito di ricerche riguardanti il comportamento in età evolutiva, è importante poter disporre di strumenti attraverso cui poter seguire l’evoluzione dell’altrui percorso, sia esso individuale e/o collettivo.

Il lavoro educativo è caratterizzato da continuità e dinamicità, quindi è importante che gli strumenti di osservazione siano funzionali ad una rilevazione precisa e costante nel tempo, che colga non tanto gli elementi facenti parte dell’individualità di ciascuno quanto la dimensione relazionale, riguardante le interazioni tra i soggetti e la loro evoluzione. È essenziale cogliere le sfumature più sottili, i cambiamenti quotidiani, privilegiando una dimensione molecolare rispetto all’analisi di comportamenti più vistosi e di dimensioni molari.

A partire dalle considerazioni fatte si evince come la scelta dello strumento di rilevazione dei dati sia di importanza peculiare, non solo in quanto determina la loro attendibilità ma anche al fine dell’analisi ed interpretazione dei dati stessi.

I metodi cosiddetti narrativi, basati su un tipo di osservazione esperienziale, sembrano essere i più rispondenti agli obiettivi evidenziati.

 

 

Osservazione descrittiva “carta e matita”

Quando parliamo di osservazione descrittiva intendiamo una modalità di registrazione dei dati osservati che non si avvale di sistemi di codifica strutturati in precedenza bensì si orienta verso la stesura di «protocolli di descrizione del comportamento in corso»[16].

È evidente come l’osservatore abbia in questo caso, più che in altre circostanze,    una grossa responsabilità rispetto agli esiti delle proprie rilevazioni, le quali saranno più rispondenti agli obiettivi quanto maggiori risultano essere le sue capacità ed abilità osservative.

È altrettanto vero che nessuno nasce osservatore: sarà molto importante, oltre ad aver sempre ben chiari gli obiettivi della propria rilevazione, allenarsi all’uso dello strumento, rivedendo a posteriori il materiale prodotto e magari confrontandolo con quello rilevato da altri osservatori, al fine di cogliere i propri punti di forza e mettere in luce i limiti. 

Uno degli errori più frequenti è quello di utilizzare un linguaggio valutativo, che esprime un giudizio personale circa quanto si è osservato: bisognerebbe sforzarsi di rilevare i dati per come ci appaiono e comunque motivare o esplicitare sempre le proprie considerazioni personali, basandole su elementi di realtà, di evidenza. Anche l’uso di aggettivi generici, quali ad es. “nervoso”, “contento”, “arrabbiato”, se non supportato da adeguate spiegazioni e contestualizzazioni, rischia di fornire un quadro della situazione poco realistico.

Un altro aspetto da non trascurare è l’esplicitazione del contesto in cui ha luogo l’evento osservato, dove per contesto non si intende solo la dimensione spaziale ma anche quella temporale e l’insieme delle circostanze, con antecedenti e conseguenti; ad esempio rilevare un episodio di aggressività di un soggetto con problemi psichici in modo generico dà un tipo di informazione molto diversa da quella che si avrebbe invece indicando le circostanze in cui questo fatto è accaduto, gli elementi che hanno preceduto o sono seguiti all’accadimento, ecc.

Infine ricordiamo che, poiché l’osservazione consiste nella narrazione di un avvenimento, è essenziale riportare i fatti, per come sonno avvenuti, in maniera logica e consequenziale, evidenziando la sequenza temporale.

In ultima analisi mettiamo in evidenza due variabili significative.

1.      La modalità”. Si può effettuare un’osservazione in contemporanea allo svolgimento degli eventi oppure a posteriori.

2.      La durata. Si può decidere di osservare ad intervalli di tempo prefissati (es. ogni “tot” minuti) oppure effettuare un’osservazione continuativa (stabilendo a priori il tempo ad essa dedicato).

Quanto sinora esposto toglie ogni dubbio rispetto ad un’ipotizzabile “non scientificità” di questo strumento osservativo il quale, pur basandosi soprattutto su una rilevazione “personale” e in un certo senso legata alla dimensione “soggettiva” dell’operatore, in realtà, se adeguatamente utilizzato è in grado di fornire materiale che diversamente non potrebbe essere reperito.

Come nel campo degli strumenti di rilevazione strutturati, anche nell’ambito dell’osservazione esperienziale esistono diverse metodologie di osservazione che andiamo ad esaminare nello specifico.

 

 

Il diario

«Il diario è una tecnica di osservazione narrativa e retrospettiva che consiste nel descrivere nel linguaggio abitualmente usato le proprie attività o quelle degli altri)[17]. Appare chiaro come l’oggetto della rilevazione non sia determinato a priori ma sia scandito da una sequenza temporale.

Le annotazioni sotto forma di diario sono indicate in particolar modo per la raccolta di materiale da utilizzarsi per una riflessione a posteriori, e costituiscono uno strumento molto più affidabile e preciso rispetto alle informazioni lasciate alla memoria e al ricordo, suscettibili di modificazioni e perdita di specificità.

Se effettuate in maniera metodologicamente corretta, le rilevazioni tramite diario sono uno strumento molto efficace ed efficiente al fine di garantire una continuità educativa: attraverso di esse l’educatore/insegnante può seguire le linee di sviluppo del soggetto e contemporaneamente del proprio lavoro, disponendo di materiale documentario che riporta gli elementi basilari e significativi della quotidianità.

La compilazione di un diario può essere quotidiana, settimanale o sintetizzata in resoconti mensili, comunque sempre secondo un piano longitudinale (molto importante è l’ordine cronologico): le annotazioni permettono di evidenziare le peculiarità del lavoro educativo e dell’evoluzione dinamica del soggetto, sia in positivo che in negativo, facendo sì che l’operatore possa attuare una riflessione sul lavoro svolto che ponga in luce i risultati raggiunti e le eventuali carenze.

 

 

Il giornale (o diario) di bordo

La tecnica del giornale di bordo è più ricca e completa di quella del diario in quanto non si limita all’annotazione degli avvenimenti quotidiani per come essi accadono, ma si arricchisce di ulteriori annotazioni a cura dell’osservatore che costituiscono quasi una specie di “commento” ai dati fattuali: intenzioni dell’osservatore, interpretazioni dell’osservazione, analisi personale rispetto ai propri vissuti, bisogni, aspettative, ecc.

È uno strumento utilizzato soprattutto nell’ambito della formazione degli adulti, insegnanti ed educatori: la sua rilettura al termine del percorso formativo permette di rivedere la propria esperienza professionale alla luce del quadro concettuale che man mano è andato delineandosi.

Segue un’esemplificazione relativa a ipotetiche domande guida che possono essere di aiuto all’osservazione per la redazione di un giornale di bordo per l’osservazione in classe[18]:

DOMANDE GUIDA SULLA SISTEMAZIONE FISICA DELLA CLASSE

-         Come è utilizzato lo spazio nella classe?

a.      Disposizione di banchi e cattedra

b.      Disposizione dei banchi e del materiale didattico

-         Come sono distribuiti gli allievi?

a.      Eventuali cambiamenti di posto durante l’attività

b.      Perché e quando avvengono

-         Che tipo di interazioni favorisce questa disposizione?

a.      Fra gli allievi

b.      Fra insegnanti e allievi

DOMANDE GUIDA SULLA INTERAZIONE INSEGNANTE-ALLIEVI

-         L’insegnante si muove all’interno della classe?

a.      In quali zone

b.      A quali allievi si avvicina

c.       Durante quali attività

-         Come entra in contatto con gli allievi?

a.      Li incoraggia

b.      Come (sorrisi, rinforzi verbali o scritti, ecc.)

c.       Gli atteggiamenti di assenso sono maggiori o minori di quelli di approvazione

 

 

Piano di osservazione dello sviluppo

Il piano di osservazione dello sviluppo nasce con l’intento di permettere, a chi vive quotidianamente a contatto con un’utenza dai bisogni differenziati, di svolgere un’osservazione continuativa, evidenziando progressi quotidiani, nuovi orientamenti, stili e modalità individuali di accedere e conoscere la realtà.

Ogni individuo porta con sé una storia particolare, fatta di oggetti, persone, luoghi, situazioni. Questa storia si presenta all’educatore in tutta la sua complessità e dinamicità: è fondamentale impossessarsi di strumenti che permettano di accostarla e nello stesso tempo rispettarla, riuscendo a coglierne i cambiamenti, ponendo in luce le conquiste, i dubbi, le incertezze che accompagnano il processo di crescita individuale. Spesso le informazioni che si posseggono relativamente ad un particolare situazione, a seguito di un’analisi approfondita si rivelano generiche e frammentarie, insufficienti a progettare percorsi che partano dalla reali esigenze del soggetto; spesso si tralasciano gli aspetti meno marcati puntando l’attenzione su dimensioni globali e macroscopiche, eludendo segnali, messaggi di conferma o di richiesta che difficilmente si presenteranno una seconda volta.

La costruzione del piano di osservazione è prerogativa dell’educatore, il quale lo compone tenendo conto delle aree di sviluppo che ritiene opportuno indagare: l’attenzione sarà centrata sulle principali linee educative inerenti ciascuna proposta educativa.

Il piano di osservazione è uno strumento attraverso il quale l’educatore regola il proprio intervento educativo nei confronti di un soggetto ben preciso: il fatto di seguire il singolo nel proprio percorso, fatto di tentativi, di difficoltà, di successi, è una garanzia di interventi adeguati ed individualizzati. La funzione del piano non è quella di formulare un giudizio bensì quella di aiutare l’operatore a maturare un atteggiamento di attesa positiva, nel rispetto dei tempi dell’altro. La programmazione effettuata tenendo conto dei parametri indicati non solo sarà mirata alle esigenze del singolo ma terrà altresì conto, contemporaneamente, delle necessità di tutti i soggetti appartenenti al gruppo, contribuendo alla regolarizzazione e all’equilibrio dell’intero contesto educativo.

 

 

La tecnica degli episodi critici (o anectodal record)

Anche questa è una tecnica di tipo narrativo e consiste nell’annotare il più rapidamente possibile, subito dopo che essi hanno avuto luogo, brevi episodi critici riguardanti azioni che si ritengono significative per il caso in questione: nelle rilevazioni è importante evidenziare anche verbalizzazioni degne di nota, sempre avendo cura di riportare esattamente quanto osservato, omettendo opinioni o giudizi personali.

L’unico elemento di “soggettività” lasciato all’operatore è la scelta di quali episodi rimarcare: la scelta di rilevare un accadimento piuttosto che un altro, oltre a rispecchiare il personale approccio al problema da parte di ciascun osservatore, sarà utile per un eventuale confronto tra le persone che si occupano del caso.

L’utilizzo di questa tecnica spesso si configura come tappa iniziale per la messa a punto di strumenti più strutturati, quali ad esempio griglie di osservazione.

 


Parte terza

 


1.             Educare osservando

 

Eccoci giunti alla parte conclusiva della nostra riflessione: come già detto è un ritornare al punto di partenza, focalizzando però l’attenzione sull’operato dell’educatore con una più matura consapevolezza dei vari approcci teorici e degli strumenti utilizzabili.

Abbiamo visto, nella parte introduttiva, come il lavoro dell’educatore consista nel progettare interventi educativi, diversificati a seconda dell’utenza con cui si trova ad operare, aventi però in comune il fatto di essere indirizzati verso uno specifico obiettivo.

In ambito educativo gli obiettivi sono centrati sulla persona, fanno riferimento ad aree appartenenti allo sviluppo dell’individuo, come quella relazionale, comunicativa, della consapevolezza di sé, cognitiva, affettiva, delle autonomie, ecc.; il lavoro educativo consiste nel guidare la persona affinché essa sia in grado di compiere “passi” in direzione di questi obiettivi, riguardanti la sua crescita, la sua maturazione.

Sviluppare una capacità osservativa è il punto di partenza per questo lavoro: l’educazione non può prescindere dall’osservazione; chi vuole educare non può fare a meno di padroneggiare tecniche osservative, applicandole alle situazioni che si trova ad affrontare e scegliendo di volta in volta gli strumenti più idonei alla circostanza.

Rivedremo, nell’ordine, le stesse categorie che abbiamo analizzato nella seconda parte, cercando di valutare, concretamente, quali paradigmi sono più consoni all’operato educativo.

La descrizione che seguirà è strutturata a mo’ di tappe consequenziali, ciascuna delle quali comprende in sé lo “step” precedente, arricchendosi via via di nuovi contenuti: l’obiettivo è quello di evitare una frammentarietà di discorso, restituire organicità all’insieme, delineando una “fotografia” il più possibile realistica dell’operato dell’educatore.

 

 


In quale ambiente?

 

In quale ambiente si trova generalmente ad operare un educatore? Naturale o artificiale? Credo che verrebbe spontaneo a tutti dire “naturale”: infatti ci immaginiamo un educatore in situazioni di vita quotidiana, a diretto contatto con i propri “utenti”, che spesso condivide con loro gran parte della quotidianità come ad esempio in un’esperienza comunitaria (pensiamo, ad es., ad un educatore che opera in ambito residenziale con minori, tossicodipendenti, disabili, ecc.): quale contesto è più naturale di questo?

Se però riflettiamo più attentamente su questa affermazione, magari ripensando al significato di ambiente naturale ed artificiale (per come l’abbiamo considerato a pag. 16) ci accorgiamo che in effetti un educatore opera in un ambiente in condizioni controllate. Strano, vero? Eppure è così.

Non dobbiamo pensare all’ambiente inteso solamente come spazio fisico, per cui naturale è, ad esempio, un contesto familiare mentre artificiale è un laboratorio.

Osservare in condizioni controllate significa anche predisporre un’osservazione guidata da un sistema di ipotesi conoscitive ben precise, orientata da un obiettivo chiaro, collegabile ad un paradigma teorico o, comunque, ad una determinata idea di educazione.

Ogni educatore, nella sua attività educativa, deve maturare un atteggiamento osservativo non generico bensì mirato: è importante focalizzare l’attenzione su particolari obiettivi, chiedendosi che cosa osservare, come, quando, pur in un contesto di quotidianità e, spesso imprevedibilità. Anzi, è proprio l’aver ben chiaro sin dall’inizio questi “capisaldi” che permetterà di non trovarsi impreparati, anche in situazioni che non si sono potute prevedere (moltissime, del resto). 

Avere e darsi un tempo per osservare chi abbiamo davanti è già essere dentro al progetto educativo nel suo farsi relazionale ed operativo.

 

 


Con che ruolo?

Abbiamo parlato, a pag. 20, del ruolo assunto dall’osservatore, il quale può svolgere un’osservazione definita “partecipante” o “non partecipante” a seconda del coinvolgimento nella situazione osservata.

Come abbiamo appena visto un educatore si trova ad operare generalmente in un ambiente di vita quotidiana, avendo presenti specifiche finalità: pensando alla strutturazione dell’osservazione da lui agita possiamo ipotizzare che, nella maggior parte dei casi, egli metterà in atto un’osservazione partecipante.  L’educatore è osservatore e, allo stesso tempo, partecipe di situazioni in cui si trova coinvolto in prima persona come uno degli “attori” della relazione: questa stessa relazione, le dinamiche che la costituiscono, devono diventare oggetto quotidiano di osservazione perché è attraverso di esse che si esplica l’attività educativa.

Non escludiamo tuttavia a priori il fatto che un educatore possa mettere in atto anche un’osservazione non partecipante: essa avviene tutte le volte che l’operatore, nella posizione di osservatore “esterno” ed in maniera intenzionale, cerca di cogliere elementi utili rispetto ad una situazione che avviene in sua presenza ma nella quale egli non è coinvolto in prima persona. Un esempio significativo può consistere nell’osservazione della relazione tra due utenti. 

 

 

Con che livello di strutturazione?

È abbastanza intuitivo affermare che l’osservazione educativa ha la prerogativa di una bassa strutturazione, privilegiando l’attenzione agli atteggiamenti ed ai vissuti rispetto alla registrazione dettagliata e sistematica di comportamenti. Sottolineiamo tuttavia come anche il momento della raccolta strutturata di informazioni possa appartenere alla competenza educativa.

Non stiamo a ripetere le caratteristiche e le diversità che presentano i due livelli di osservazione, peraltro già considerati a pag. 23 ma procediamo oltre.

Abbiamo più volte affermato che l’azione educativa è orientata al cambiamento e come, a tal fine, sia importante avere consapevolezza e della situazione di partenza e dell’evoluzione dei fatti in itinere (per riuscire ad “arrivare a…” devo sapere da dove partire): è proprio in questi due ambiti che si giocano i momenti sopra descritti.

La raccolta strutturata di informazioni è fondamentale nel momento in cui si cerca di ricostruire la storia del nostro utente (anamnesi prossima e remota); un quadro chiaro e dettagliato della situazione attuale si costruisce in una prospettiva storico-biografica, raccogliendo l’insieme delle esperienze pregresse (scolastiche, educative, lavorative, ecc.), arricchite magari (se ciò è necessario) da esiti di test attitudinali, di tipo psicologico, ecc.: ciò sicuramente aiuta l’operatore ad orientare al meglio il lavoro educativo, evitando di percorrere strade già percorse da altri, lavorando per il conseguimento di obiettivi che siano effettivamente raggiungibili dal soggetto, attraverso passaggi graduali, rispettosi della persona. «Per l’educatore l’altro è il soggetto di una storia di vita e quindi le sue problematiche, come le sue opportunità, richiedono di essere lette in rapporto a quel processo»[19].

È importante che l’educatore, nella raccolta di tali dati, sappia padroneggiare le tecniche adatte, esplorando ambiti ritenuti significativi. A volte le informazioni potranno essere carenti, limitate, poco chiare: è importante in queste occasioni chiedersi se il fatto sia imputabile alla procedura di rilevazione. Se poi, pur avendo svolto correttamente la fase di ricerca preliminare, ci si rende conto che i dati in possesso risultano insufficienti, è doveroso fare tutti i possibili tentativi per cercare di reperirli altrove, eventualmente contattando le agenzie educative che hanno interagito in precedenza con l’utente.

Ecco allora che può aver inizio il lavoro educativo vero e proprio, caratterizzato, nel suo evolversi, da un tipo di osservazione esperienziale.  Nella quotidianità, a diretto contatto con l’utenza, l’educatore sviluppa un’analisi approfondita: l’osservazione sarà dinamica, si arricchirà giorno dopo giorno di elementi di novità e di cambiamento (in positivo ma anche in negativo) e a partire da questi cambiamenti l’azione educativa dovrà essere portata avanti, corretta, rettificata. Ogni situazione osservata diverrà un nuovo punto di partenza da cui procedere: è fondamentale che le tappe del percorso evolutivo e di maturazione diventino oggetto quotidiano di osservazione e siano adeguatamente documentate.

Se possiamo intraprendere un percorso educativo anche rinunciando alla chiarezza di un quadro di partenza, non possiamo invece prescindere da un’osservazione accurata “in itinere”: ovvietà ed improvvisazione sono vocaboli che non trovano posto in ambito educativo e devono essere sostituiti da termini quali intenzionalità, razionalità, consapevolezza, programmazione. Ciò è possibile anche attraverso la raccolta di informazioni con basso grado di strutturazione: essa, se adeguatamente condotta, è l’unica che può condurre realmente al momento della comprensione del fatto educativo (il momento idiografico della ricerca), operazione che, pur nella sua complessità non esclude una scientificità di metodo.

Ecco cosa evidenzia Zaghi a riguardo.

« Non ci sono mete di lavoro valide come tali per tutti gli interventi educativi, ma ci sono mete di lavoro che hanno senso rispetto ai soggetti ai quali si rivolgono gli interventi stessi; ciò che funge da guida nella definizione di concrete mete per il lavoro educativo è la comprensione del particolare bisogno educativo proprio dei soggetti ai quali si rivolge l’intervento. Per questo l’osservazione può essere intesa come ciò che organizza questi momenti di attività finalizzati alla comprensione del bisogno dell’altro negli interventi educativi. Lo scopo dell’osservazione nell’intervento educativo è di carattere pratico e come tale è finalizzata alla soluzione di problemi relativi alla conduzione dell’intervento stesso.»[20]

 

 

Secondo quali paradigmi?

Tra i paradigmi osservativi delineati nel capitolo 4, “Parte seconda”, credo che sia il modello clinico (a) che quello psicoanalitico (b) siano quelli nei quali il profilo di osservatore che stiamo delineando trova la sua migliore “collocazione”.

a.            L’osservazione educativa ha la caratteristica della continuità nel tempo, e proprio grazie a questo aspetto è possibile evidenziare per l’utente un percorso di crescita e maturazione, che dai dati dell’osservazione stessa trae il proprio fondamento: proprio come Piaget che, avendo chiaro l’obiettivo della propria osservazione, conduceva il colloquio con i figli su “binari” predeterminati, così l’educatore, cosciente della finalità del proprio intervento educativo, intravede un possibile percorso per l’utente, percorso che si ridefinisce giorno dopo giorno a partire dall’esperienza osservativa.

b.            Il fatto di rivolgere l’attenzione anche ai propri vissuti interni, oltre che agli eventi esterni, è una prassi che dovrebbe essere acquisita come utile strumento attraverso cui operare una riflessione su di sé e sul proprio modo di gestire gli aspetti più “emotivi” che caratterizzano qualsiasi relazione, quindi anche la relazione educativa.

 

Con quali strumenti?

Tutti gli strumenti di cui abbiamo parlato nel cap. 5, parte seconda (pag. 31) , sia quelli più strutturati sia le tecniche descrittive, possono essere in diverso modo utilizzati da un educatore nel corso delle sue rilevazioni: tutto dipende dal contesto nel quale si opera e da che cosa interessa mettere in luce.

Non è il caso di riprenderli uno per uno: credo che il modo più utile per immedesimarsi nel vivo della situazione sia quello di esemplificare, immaginandoci operatori impegnati in diverse situazioni educative e cercando di capire come “equipaggiarci” al meglio per la nostra “attività esplorativa”.

Pensiamoci ad esempio in un contesto di vita comunitaria, in rapporto quotidiano con persone (che d’ora in poi chiameremo utenti) in situazione di disagio (minori, disabili, ex tossicodipendenti, disadattati). Per ogni utente sarà evidenziato un certo percorso educativo, individuale, specifico, avente obiettivi suoi propri, la cui evoluzione deve essere monitorata periodicamente. È facilmente ipotizzabile che diversi educatori, alternativamente, si avvicenderanno nel compito educativo. Lo strumento di rilevazione più adeguato a questa circostanza sarà presumibilmente il diario: attraverso di esso gli educatori potranno mantenere una continuità educativa, salvaguardata dalla conoscenza di situazioni antecedenti, che diversamente non potrebbero essere comunicate e “tramandate” nella loro peculiarità. 

Consideriamo ora invece ambiti in cui l’azione educativa si esplica in una dimensione temporalmente circoscritta. Pensiamo ai vari servizi diurni che accolgono diverse tipologie di utenza: centri di aggregazione per minori, servizi territoriali per le tossicodipendenze, centri diurni per disabili o per soggetti con patologie psichiche.  In questo caso gli operatori che “ruotano” sull’utenza sono, quotidianamente, sempre gli stessi, ciascuno dei quali presumibilmente svolge con regolarità diverse attività o laboratori. Anche in questo caso presupponiamo che per ogni utente venga focalizzato un piano educativo con obiettivi specifici. Le modalità osservative più adeguate sembrano in tal caso essere quella del piano di osservazione dello sviluppo e quella degli episodi critici. Sempre tenendo presenti gli obiettivi del progetto educativo individualizzato, ogni operatore cercherà di compiere un’osservazione approfondita riguardante ad esempio le attività da lui condotte, evidenziando aspetti di evoluzione e di involuzione. Il poter condividere preventivamente il “frutto” delle osservazioni dei colleghi renderà più agevole il confronto in sede di èquipe che potrà concentrarsi sugli aspetti più salienti senza “divagare” nella narrazione, da parte di ogni operatore, dei singoli accadimenti.

Strumenti di osservazione strutturata trovano maggiormente impiego in ambito scolastico, dove la necessità della valutazione implica l’utilizzo di una certa sistematicità ed uniformità di procedure.

Anche in contesti educativi non scolastici, tuttavia, l’uso di queste metodologie può rivelarsi efficace. Pensiamo ad esempio alla necessità, in fase di inserimento di un utente in un servizio, di elaborare una scheda conoscitiva. L’utilizzo di griglie di osservazione, suddivise per aree tematiche, potrà aiutare l’operatore a considerare la persona in tutti gli aspetti ritenuti significativi ai fini della predisposizione di un piano di lavoro. L’uso di griglie appositamente strutturate può rivelarsi utile anche per un’analisi delle abilità cognitive di persone con difficoltà intellettive (ad es. disabili, minori disadattati), al fine di evidenziare il “livello di base” che permetterà la messa a punto di un piano educativo i cui obiettivi siano consoni alle capacità e potenzialità della persona.

Sicuramente potrebbero essere fatti molti altri esempi ipotizzando l’utilizzo di diversi strumenti di osservazione in ambito educativo: le situazioni qui descritte vogliono semplicemente mettere in luce, ancora una volta, che, il lavoro educativo, pur trovando la sua massima espressione nell’incontro tra due “individualità” (quella dell’educatore e quella dell’educando) non può essere veramente tale se non supportato da una scientificità metodologica e da una conoscenza e padronanza di tecniche specifiche.

 

 

 

 

 


2.             Soggettivo e oggettivo nell’osservazione

 

Il problema dell’oggettività-soggettività delle osservazioni non può essere trascurato o ignorato nel settore educativo, ambito nel quale l’utilizzo di un’osservazione prevalentemente esperienziale, supportata da tecniche di rilevazione per la maggior parte manuale, mette in luce il rischio di un’eccessiva personalizzazione ed individualizzazione della modalità osservativa.

Ma che cos’è in realtà l’oggettività? È possibile osservare una situazione, un evento, e darne una descrizione perfettamente oggettiva?

E ancora. È così vero che elementi di soggettività costituiscono un elemento negativo, da evitare il più possibile? Non si potrebbe ipotizzare che, anziché un limite, la soggettività sia una risorsa?

Il semplice fatto che tra la realtà osservata e la sua descrizione ci sia la mediazione di una persona porta inevitabilmente elementi di soggettività, che sarebbe impensabile eliminare del tutto. Fino a che punto però possiamo considerare attendibili i dati ottenuti attraverso una realtà “filtrata”?

Pensando all’osservazione in ambito educativo, entrambi gli estremi appaiono poco credibili e soprattutto poco funzionali.

Pensare di svolgere un’osservazione perfettamente oggettiva significa correre il rischio di banalizzare la persona o l’evento osservato; significa ridimensionare tutti gli aspetti legati all’originalità e all’unicità della persona, riconducendo il tutto ad una serie di dati da catalogarsi in categorie abbastanza scontate e prevedibili.

D’altra parte sarebbe parimenti impensabile eliminare del tutto quegli elementi di oggettività e scientificità che, come abbiamo visto sinora, sono specifici della professionalità educativa: ciò significherebbe affermare che la procedura osservativa è lasciata all’improvvisazione e al buon senso di ciascuno.

Credo che la soluzione stia nel mezzo e che questa “diatriba” possa essere risolta in un connubio. Il fatto che, in campo educativo, l’operatore sia coinvolto nel fatto osservato, come parte di esso, ci fa intuire come la pretesa di un’osservazione neutra e perfettamente oggettiva sia utopistica. Tuttavia è anche vero quanto afferma Von Foester (1976) il quale sostiene che «non si può negare l’oggettività a favore della soggettività, poiché se si nega una proposizione assurda il risultato è nuovamente una proposizione assurda. Oggettività e soggettività rappresentano una sorta di coppia complementare, come giorno e notte, destra e sinistra».

Ciascuno di noi, inevitabilmente, osserva la realtà da un personale e soggettivo punto di vista e questo stesso punto di vista rappresenta il proprio sistema di aspettative, di valori, riflette l’ottica del proprio modo di guardare alla realtà: sarebbe assurdo pensare di eliminare totalmente questo aspetto in quanto esso «costituisce il senso che una persona ricava da un evento, la sua particolare ricostruzione dei fatti, ciò che gli è apparso dalla sua visuale, comprese le sue emozioni,e i significati che al fatto attribuisce»[21].

Restituire un valore oggettivo ad un’osservazione soggettiva significa essere in grado di mostrare il nostro modo di guardare la realtà, fornendo un’adeguata chiave di lettura: metaforicamente parlando significa prestare ad altri gli occhiali con i quali siamo soliti “leggere” ciò che ci circonda.

L’osservazione in ambito educativo privilegia indubbiamente la raccolta di informazioni con basso grado di strutturazione rispetto a dati di natura più oggettiva (quali possono essere quelli reperiti attraverso scale di valutazione, check-list, questionari): sicuramente il valore dei primi è connotato da una maggiore oggettività, tuttavia non dimentichiamo che «solo la raccolta di informazioni con basso grado di strutturazione (caso limite: la raccolta di informazioni non strutturabili neanche con il linguaggio, non traducibili nemmeno in parole) può puntare alla comprensione, il momento idiografico della ricerca.  Scientificità non è solo strutturazione, ma anche rigoroso controllo intersoggettivo delle procedure di ricerca, e tale controllo, pur essendo più difficile quando l'informazione è meno strutturata, è tuttavia possibile»[22].

 

 


L’interosservazione

 

Un utile sistema per ovviare in parte al rischio di un’eccessiva individualizzazione e personalizzazione delle osservazioni in ambito educativo è quello di adottare la pratica dell’interosservazione. Essa consiste in una discussione ed un confronto tra più osservatori circa quanto rilevato da ciascuno, dando ad ognuno la possibilità di valutare e considerare punti di vista differenti dai propri, allargando così il proprio orizzonte di vedute. Mantovani afferma che «passare dalla soggettività all’intersoggettività significa mettere insieme i diversi punti di vista soggettivi, creare le condizioni affinché possano comunicare. […] Tutti abbiamo qualcosa da apprendere dal modo di fare osservazione degli altri e «la soggettività, se cosciente e dichiarata, può essere un arricchimento, una risorsa, un contributo conoscitivo».  È necessaria quindi una certa flessibilità nel considerare ed accettare anche ipotesi diverse dalle proprie» poiché sono proprio «i comportamenti che suscitano impressioni, valutazioni, interpretazioni divergenti» dalle proprie a configurarsi come quello «più interessanti da discutere, più informativi»[23].

Quanto esposto mette in evidenza come scientificità e rigorosità delle procedure non siano necessariamente sinonimo di rigidità mentale e metodologica: è fondamentale accostarsi alle realtà educative con un atteggiamento di apertura, volto a cogliere ciò che di positivo può derivare dal confronto con altri, coscienti del fatto che letture diverse di uno stesso fenomeno possono avere la loro origine anche da un differente modo di accostare la realtà, legato ad un particolare approccio teorico: in assenza dell’atteggiamento sopra descritto il puro possesso di tecniche si riduce a vuoto nozionismo.

 

 


Apertura e ricettività verso l’“altro”

 

Un’ultima, ma non meno importante considerazione riguarda gli “oggetti” dell’osservazione educativa, gli interlocutori privilegiati del quotidiano operare dell’educatore.

Se importante è porsi con larghezza di vedute rispetto alle divergenti considerazioni di un collega, fondamentale è saper cogliere i segnali diversificati che quotidianamente i nostri utenti ci mandano, cercando di rileggerli criticamente, dandone una “lettura”. Osservare non significa solo registrare comportamenti ma implica un’attenzione globale alla persona, nella consapevolezza che la comunicazione viene messa in atto attraverso canali differenziati, non soltanto di tipo “verbale”.

«Comprendere il valore dell'osservazione significa comprendere l'importanza dell'adottare un atteggiamento ricettivo, del saper imparare dall'alter e non centrare il proprio intervento solo sull'ego. In altre parole imparare ad osservare significa imparare anche a ristrutturare il proprio sistema di credenze e conoscenze scientifiche sulla base di quanto esperito sul campo. In mancanza di questa ricettività un educatore non può che essere un mero applicatore di "ricette di cucina" che, per quanto fondate siano, lasciano il tempo che trovano, proprio perché, pur nell'invarianza di alcuni principi di base e leggi generali, ogni caso fa storia a sé, rappresenta l'espressione di un modo di essere e di una complessità sua propria. Senza questa "disponibilità e ricettività osservativa" si rischia di classificare il caso in una categoria, “bollarlo” […]»[24] perdendo ogni speranza di comprendere la sua originale individualità.

 

 


3.              Quali difficoltà nell’osservare e quali strategie

 

 

Pur nella condivisione di quanto sinora affermato circa l’importanza di svolgere un’osservazione educativa secondo precisi parametri, non possiamo fare a meno di rilevare che, nella realtà, le cose non sono così semplici come possono apparire a prima vista.

In un contesto di ricerca sistematica tempi e modalità di rilevazione e codifica dei dati sono previsti a priori in modo chiaro e preciso: una volta predisposto il piano di osservazione ed in seguito ad un addestramento circa l’utilizzo degli strumenti di rilevazione più o meno strutturati, si può prevedere che il lavoro osservativo procederà senza grosse difficoltà.

Operare un’osservazione continuativa, dinamica, in itinere, in contesti educativi implica l’avere a che fare con molteplici e mutevoli variabili, molte delle quali imprevedibili. Tutto ciò si ripercuote sulle procedure di registrazione e catalogazione dei dati, che spesso non riescono ad essere effettuate secondo criteri di scientificità.

Analizzeremo ora alcune delle principali difficoltà riscontrabili e cercheremo di evidenziare possibili strategie di miglioramento.

 

 

Le difficoltà

 
a)    Condizioni psicofisiche dell’osservatore

Spesso la validità di un’osservazione è resa meno attendibile da problemi legati a condizioni psicofisiche dell’osservatore: il processo osservativo coinvolge l’attenzione, la memoria, la percezione e particolari condizioni di stanchezza, ansia, fluttuazioni dell’attenzione possono determinare una parziale o errata rilevazione dei dati.  In ambito educativo, dove generalmente non viene predisposto un “setting” osservativo a priori e dove l’osservazione si configura come modo di porsi quotidiano di fronte alla realtà, questo rischio è sempre “dietro l’angolo”.

 

 

b)    Osservazione descrittiva

Qualora il linguaggio usato per redigere un’osservazione descrittiva assuma una connotazione valutativa anziché descrittiva è possibile che si verifichino divergenze di “lettura” da parte di chi accede al protocollo osservativo. Nelle «osservazioni di tipo narrativo, redatte con una tecnica manuale, […] la scelta delle parole, [de]gli aggettivi utilizzati per descrivere un determinato evento influenza il messaggio, il contenuto che vogliamo trasmettere, anzi lo costruisce»[25]. La capacità di restituire una “fotografia” rispettosa della realtà nonché l’abilità nel mettere per iscritto un avvenimento osservato, rilevando la consequenzialità degli eventi e restituendola al lettore, non è cosa scontata: non è sufficiente documentare un fatto ma ci si deve sforzare di renderlo comprensibile ad altri.

 

 

c)     Annotazione immediata e annotazione differita

In ambito educativo non sempre è facile riuscire ad annotare immediatamente quanto osservato in quanto l’educatore è al tempo stesso osservatore e partecipe delle situazioni educative. Spesso le osservazioni vengono effettuate in un secondo tempo (osservazione differita) comportando in tal modo il rischio di una perdita di informazioni e di una maggiore soggettività ed inferenza.

 

 
d)    Aspettative dell’osservatore e coinvolgimento emotivo

Le personali aspettative dell’educatore nei confronti dell’utente possono dare origine ad un’ulteriore distorsione dei dati osservativi. Spesso si rischia di osservare proprio ciò che ci si aspetta di vedere, non per una cattiva intenzionalità, ma per un’operazione di selezione delle informazioni di cui spesso non si ha consapevolezza. A tale rischio è sottoposto in particolar modo l’educatore il quale, inevitabilmente, si trova ad essere coinvolto emotivamente nelle situazioni che sono oggetto di osservazione.


Le strategie

 

a)    Condizioni psicofisiche dell’osservatore

Non ci sono molti per ovviare al rischio evidenziato, soprattutto in circostanze ove l’osservatore si trovi a rilevare eventi/situazioni accaduti in maniera imprevedibile. Una possibile strategia potrebbe essere quella di un confronto intersoggettivo a posteriori, sempre nel caso in cui anche un’altra persona abbia potuto osservare la medesima situazione.

 

 

b)    Osservazione descrittiva

Spesso si pensa che il semplice fatto di mettere per iscritto le proprie considerazioni equivalga a renderle comprensibili ad altri: abbiamo visto che non sempre è così. Un’utile strategia a riguardo è sicuramente quella di leggere sempre il frutto delle proprie considerazioni, cercando di metterci nei panni di chi, non presente durante l’osservazione, desidererebbe avere un quadro della situazione il più chiaro possibile. Per far sì che l’osservazione sia completa ed esaustiva rispetto all’obiettivo che sottosta ad essa, riteniamo che un’utile strumento possa essere l’utilizzo di una “griglia” che funga da guida alla stesura del protocollo.

 

 

c)     Annotazione immediata e annotazione differita

Purtroppo non sempre si è in grado di annotare subito alcuni fatti/situazioni osservate, soprattutto se essi sono relativi ad episodi significativi accaduti inaspettatamente, che non abbiamo ipotizzato di osservare a priori. Una possibile strategia per ovviare in parte a questo inconveniente potrebbe essere quella di un block-notes tenuto a portata di mano sul quale annotare velocemente alcuni elementi ritenuti significativi: in un secondo tempo sarà più facile ricostruire in maniera il più possibile realistica gli avvenimenti osservati.

 

 

d)    Aspettative dell’osservatore e coinvolgimento emotivo

Prevedere la presenza congiunta di più osservatori (interosservazione), procedendo ad un confronto che elimini gli elementi di inferenza o di giudizio valutativo è sicuramente è un’utile strategia per ovviare in parte al rischio evidenziato: spesso tuttavia ciò è difficilmente ipotizzabile in ambito educativo.

Consideriamo inoltre che l’abilità e la regolarità nell’osservare situazioni esterne non sempre si accompagnano alla capacità di leggere ed annotare i propri vissuti interni, di compiere quella che si definisce come auto-osservazione (caratteristica peculiare del metodo psicoanalitico). È molto più facile ed immediato, per un educatore coinvolto in una relazione, prestare attenzione a ciò che avviene nel contesto considerato piuttosto che “rivolgere lo sguardo” al proprio interno, cercando di descrivere ciò che tale relazione suscita in lui. Abituarsi a “leggere” e descrivere anche questi elementi aiuta a considerare la situazione da una prospettiva nuova: certamente i dati che emergono da un’auto-osservazione sono di natura soggettiva, tuttavia essi forniscono un importante elemento di valutazione del proprio operato educativo, prestandosi inoltre ad un confronto intersoggettivo.

 


4.             Esempi operativi

 

In questo capitolo conclusivo si proporranno, a livello esemplificativo, alcuni strumenti di osservazione utilizzati in un C.S.E. (= Centro Socio Educativo, servizio diurno che accoglie soggetti portatori di handicap) nel quale la scrivente opera in qualità di coordinatrice da sette anni. Si è cercato, in questo periodo, di lavorare al fine di rendere la metodologia osservativa sempre più funzionale al lavoro educativo, facendo sì che la riflessione scaturisse soprattutto dall’esperienza concreta degli operatori, alla luce di un confronto reciproco.

Sicuramente ciò che si andrà ad esaminare si riferisce ad un caso particolare, e non ha la pretesa di essere assunto come “legge assoluta” né come “ricetta preconfezionata”: non credo che esista uno strumento osservativo valido in assoluto e, anche all’interno di uno stesso contesto, un metodo che sembra rivelarsi funzionale oggi, magari domani non lo sarà più perché al mutare delle condizioni, delle persone, della maturità professionale, mutano anche le necessità e le esigenze. 

 

Andando per ordine esamineremo alcune procedure adottate per l’osservazione, dalla presa in carico di un nuovo utente, alla formulazione di un progetto educativo e alla sua verifica “in itinere”.

 

 

L’anamnesi

Nel momento in cui si prospetta l’inserimento di un nuovo utente nella struttura ospitante, si prevede una fase preliminare di raccolta di dati anamnestici e relativi alla storia della persona. Nell’ambito professionale considerato non è propriamente l’educatore che si occupa di questo compito, tuttavia mi sembra interessante rilevare come, a tal fine, sia stata predisposta un’apposita cartella strutturata a mo’ di griglia nella quale annotare sia i dati più “oggettivi” (anagrafici, esperienze scolastiche - e non - pregresse, dati di natura medica) sia quelli di natura qualitativa, quali possono essere i resoconti del racconto dei genitori in merito agli avvenimenti più importanti della vita dei propri figli.

Appare chiaro come entrambi i tipi di informazioni, pur avendo un diverso grado di attendibilità, siano utili per la conoscenza della persona: un individuo viene colto nella sua interezza non solo analizzando le esperienze concrete dallo stesso agite ma anche cercando di comprendere l’immagine che di lui hanno le figure affettivamente significative.

Il poter usufruire di uno strumento per la catalogazione di quanto rilevato è una risorsa utile per un rapido accesso ai dati.

 

 

Osservazione dell’utente

Dopo il momento sopra descritto si procede all’inserimento dell’utente nel servizio: ha quindi inizio la fase di osservazione vera e propria che porta, entro un certo lasso di tempo, alla focalizzazione di un possibile percorso educativo. Si tratta concretamente di restituire una “fotografia” il più possibile realistica delle persona, che ne metta in evidenza risorse, potenzialità e anche limiti: solo con un quadro di partenza chiaro è possibile ipotizzare obiettivi a breve e lungo termine.

Per rendere più agevole questo tipo di osservazione che in sintesi può essere definita come descrittiva (si tratta infatti di descrivere l’utente), è stato messo a punto uno strumento strutturato (vedi allegato n. 1, pag. 66): per la sua realizzazione sono state considerate diverse aree afferenti alla persona, sulle quali si è ritenuto opportuno concentrare l’attenzione, e si è cercato, per ciascuna di esse, di effettuare una scomposizione negli elementi più significativi, evidenziandoli. Nell’elaborazione del protocollo osservativo, l’operatore produce una relazione descrittiva nella quale tuttavia è evidente un filo conduttore che la orienta e la guida. L’aver separato le varie aree non è da considerarsi un tentativo di frammentazione della persona, bensì un aiuto ad un’osservazione più mirata ed intenzionale: l’abilità e la professionalità dell’osservatore permetteranno di restituire, alla fine dell’osservazione, un’immagine unitaria e globale dell’utente.

È altresì comprensibile che tale osservazione non può considerarsi esaurita e conclusa in un intervallo di tempo, sia esso più o meno lungo: l’educazione è un “fatto” dinamico, così come dinamico e mutevole è l’evolversi di ciascuno di noi, quindi dobbiamo pensare che anche il processo di osservazione, una volta iniziato, dovrà procedere di pari passo con la crescita e la maturazione della persona. Le aree evidenziate, alcune delle quali presumibilmente costituiranno l’ambito in cui si concretizza il progetto educativo, sono gli ambiti quotidiani l’osservazione.

Tra le varie aree si sarà notato che quella cognitiva prevede l’utilizzo di una vera e propria griglia: volendo impostare un lavoro educativo teso al miglioramento delle capacità cognitive di un insufficiente mentale è opportuno eseguire un’osservazione sistematica e strutturata, privilegiando quindi un’analisi di tipo quantitativo.

Credo che lo strumento appena descritto possa costituire un esempio di come oggettività e soggettività possano coesistere in osservazione, armonizzandosi ed integrandosi senza reciproca esclusione.

 

 

Osservazione “in itinere”

L’ultima esemplificazione riguarda una modalità per l’osservazione in itinere.

Si è ritenuto importante adottare un metodo per far sì che, anche durante il quotidiano, si potesse tenere traccia dell’evoluzione della persona e dei cambiamenti in varie aree, così da avere, nel momento di verifica annuale, materiale “documentario” a cui fare riferimento, evitando il rischio, spesso frequente, di demandare alla memoria o a non meglio precisate sensazioni individuali la ricostruzione di un percorso.

La soluzione più funzionale, nel caso in questione, è stata quella di istituire un “quaderno delle osservazioni”: si tratta di redigere, settimanalmente, raccogliendoli in un registro a fogli mobili, protocolli osservativi (destrutturati) relativi ad ogni singolo utente che, a discrezione dell’educatore, evidenzino aspetti ritenuti significativi rispetto al lavoro in atto con essi. Ciascun educatore concentra la sua attenzione sugli utenti con cui svolge un maggior numero di attività ed elabora osservazioni sugli aspetti che ritiene più importanti: il materiale redatto è a disposizione di tutti.

Con il passare del tempo ci si è resi conto di alcuni limiti dello strumento in questione, relativi soprattutto alla carenza, rilevata in molti protocolli, di alcuni dati significativi, e si è pensato quindi di introdurre un aiuto alla compilazione elaborando una sorta di “guida alla stesura” (vedi allegato n. 2, pag. 86).

Anche in questo caso si è sperimentato concretamente come un’osservazione di tipo descrittivo possa essere perfezionata e migliorata introducendo elementi di strutturazione.

Seguono esempi concreti di osservazioni descrittive, sempre riguardanti il C.S.E. in questione: lasciamo al lettore la possibilità di giudicare quali di esse siano maggiormente rispondenti ai criteri di scientificità, efficacia ed efficienza sinora descritti.

 

 


Alcuni protocolli osservativi

 

 

Educatore compilante: Luigi Crespi

Data di compilazione: 7.12.1998

Utente: Stefano Raggi

[L’osservazione si riferisce al periodo iniziale di inserimento di un utente]

È un po’ di tempo che Stefano sembra più tranquillo e contento di venire al C.S.E., in particolare si nota un avvicinamento agli educatori. Infatti Stefano sembra preferire i rapporti 1:1 con l’educatore, più o meno con tutti (anche con me), cerca il dialogo sedendosi vicino quando si è staccati [= ci sono dei momenti della giornata in cui gli educatori non sono in orario ma dedicano del tempo alla registrazione delle osservazioni, n.d.r.]

Sembra preferire il rapporto con gli uomini (educatori) di cui accetta i suggerimenti senza fare molte storie. La sua relazione è legata al fare anche se a volte dimostra di poter sostenere una conversazione.

 

 

Educatore compilante: Eleonora Giusti

Data di compilazione: 01.02.1999

Utente: Giacomo Santi

Oggetto dell’osservazione: Alcune osservazioni riguardanti l’attività di tennis svolta da Giacomo con l’obiettore Carlo

Giacomo è molto entusiasta dell’attività, anche se alterna momenti in cui la sua adesione è serena a momenti in cui appare quasi preoccupato. Prepara sempre le sue cose senza continue sollecitazioni da parte mia, attende con pazienza durante tempi morti.

Durante l’attività racconta le indicazioni di Carlo che è un bravo allenatore (competente, autorevole, disponibile a ripetere le indicazioni utilizzando modalità diverse). Sopporta abbastanza bene le frustrazioni degli sbagli: “digerisce” la correzione senza prolungare atteggiamenti da “offeso”, sorprendentemente (per me!) proteso a modificare l’azione che lo ha portato a compiere erroneamente l’esercizio.

Giovedì scorso le sue performances non erano brillanti perché non aveva portato gli occhiali: dopo aver alternato bei colpi ed errori, una volta che Carlo si è allontanato per riprendere le palle, Giacomo si è rintanato in un angolo della palestra con lo sguardo basso. Carlo semplicemente gli ha chiesto cosa avesse. Giacomo ha sollevato lo sguardo, strizzato l’occhio e sorriso. «Allora rimettiti in posizione» ha concluso Carlo; Giacomo ha eseguito senza problemi.

Non so se l’impasse fosse dovuta più agli errori commessi, al periodo di agitazione e nervosismo di questo periodo (vedi osservazioni precedenti) o al bisogno, riaffiorante ogni tanto, di avere un’attenzione particolare: penso più la seconda e la terza ipotesi.

Giacomo è comunque bravo. Carlo gli segnala precisamente ogni volta la correttezza op l’imprecisione dei suoi movimenti, restituendogli una realistica valutazione. Ha già fatto progressi (dopo quattro volte).

È indispensabile che porti gli occhiali.

La presenza dell’educatore è necessaria in quanto carlo è un bravo allenatore ma spesso necessità di un supporto esterno per rassicurarlo nella relazione (era per es. un po’ spiazzato dall’improvviso isolarsi di Giacomo l’ultima volta e l’ho perciò solo orientato a rivolgere a Giacomo la domanda che poneva a me «Che c’è?»). tende a parlare di Giacomo all’educatore con Giacomo presente.

Dal punto di vista motorio Carlo segnala che Giacomo è notevolmente appesantito e ciò, oltre a limitare la sua agilità e resistenza, (percorre pochi giri di corsa), potrebbe portare alla lunga problemi fisici à ipotesi di un consulto medico (?)

 

 

Educatore compilante: Luigi Crespi

Data di compilazione: 11.10.1999

Utente: Stefano Raggi

Oggetto dell’osservazione: Stefano prende l’iniziativa

È capitato che Stefano abbia coinvolto a giocare a “Memory” Antonella e Marta [sono due utenti, n.d.r.] visto che io non ero in quel momento disponibile per giocare a “Risiko!”. In modo particolare ho visto che Stefano giocava con Antonella dicendo «Ti spiego come si fa» e mettendosi pazientemente ad insegnare ad Antonella il gioco. Antonella pareva capire ed era sicuramente molto attenta. Stefano dunque ha delle potenzialità buone dal punto di vista relazionale.

 

 

Educatore compilante: Angela Spotti

Data di compilazione: 26.01.2000

Utente: Lorena Terreni

Oggetto dell’osservazione:

Oggi Ugo [un utente non vedente, n.d.r.] ha inciampato in un Piede di Lorena, che era seduta sulla poltrona e così gli ha dato una sberla su una gamba, mettendoci dell’aggressività; il gesto era accompagnato da un brontolio.

Vista la scena a distanza, mi sono avvicinata loro, ho chiarito con loro cos’era successo e ho spiegato a Lorena che, a mio parere, il suo gesto era stato esagerato: Ugo aveva inciampato per sbaglio, dato che non ci vede.

 

Educatore compilante: Luca Monti

Data di compilazione: 12.02.2000

Utente: Paolo Verdi

Oggetto dell’osservazione: Paolo sembra migliorare

Paolo da due settimane sembra essere più attento, ho cominciato infatti ad intervenire nel richiamarlo alle sue responsabilità. È capitato che una volta quando aveva fatto cadere qualcosa io gli avessi chiesto chi ci doveva pensare alla cosa che lui aveva distrattamente fatto cadere e lui mi aveva risposto: «Te!». È evidente perciò che Paolo realmente pensa che siano gli altri a doverlo accudire. Altrettanto mi sembra di cogliere che lui comprenda gli interventi volti a responsabilizzarlo.

 

 

Educatore compilante: Maria Bianchi

Data di compilazione: 25.01.2001

Utente: Mario Rossi

Oggetto dell’osservazione: Finto svenimento

Giovedì 18 gennaio, durante l’attività di falegnameria del mattino con Mario e Giovanni, è accaduto un episodio significativo per me, poiché non ne ero a conoscenza. Verso le 11.30 salgo con Giovanni dal laboratorio di falegnameria per accompagnarlo in bagno, spiegando a Mario la situazione. Non mi sembra sia turbato da questo fatto. Dopo circa dieci minuti scendiamo e, appena entrati nel laboratorio, vedo Mario steso sul pavimento come se stesse piangendo. IMPAURITA, mi avvicino frettolosamente chiamandolo, ma lui non risponde. Nemmeno quando lo tocco mi dà un cenno di risposta. Gli chiedo cosa sia successo, ma non spiaccica alcuna parola. Io ho immediatamente pensato che fosse caduto e si fosse fatto male. Ho verbalizzato il mio pensiero a lui ma non c’è stata risposta.  Lo invito a rialzarsi e lo fa con la sua solita flemma. Noto che il suo grembiule è sporco di segatura davanti e dietro: questo mi insospettisce. Dapprima, dopo le mie insistenze, gli dico che se vorrà potrà parlarmi più tardi. Ma ancora lui non proferisce alcunché. Osservandolo non noto qualcosa che, concretamente, mi dia da pensare ad un suo dolore. Ci avviciniamo nuovamente al banco di lavoro e, cercando di darmi una spiegazione al fatto accaduto, mi viene in mente che forse abbia voluto farmi uno scherzo. Verbalizzo a Mario questa ipotesi; egli sorridendo mi dice «sì». Gli spiego che lo scherzo è accettato anche se, non sapendolo, la paura e la preoccupazione mia sono state davvero forti e su questo non è “giusto” prendersi in giro.

Ripensandoci ora, credo proprio che il mio comportamento abbia adempiuto alle sue aspettative: farmi prendere paura. Oserei dire che ci è riuscito.

Per quanto riguarda le motivazioni di questo fatto, l’unica ipotesi a cui ho pensato è quella di averlo lasciato solo nel frangente in cui ho accompagnato Giovanni alla toilette.


Allegato n. 1- Aree per l’osservazione

 

 

AREE DI RIFERIMENTO

 

1)                Area dell’autonomia - funzionale                         

                                                      - sociale

2)                Area sensoriale percettiva                                             

3)                Area motorio-prassica                                         

4)                Area cognitiva                                                      

5)                Area del rapporto con sé e con l’oggetto

6)                Area comunicativa - comunicazione verbale                                                             - comunicazione non verbale      

7)                                         Area relazionale e affettiva                        

8)                                         Area sessuale                                                       

9)                Note problematiche

 


AREA DELL’AUTONOMIA

 

A)      AUTONOMIA FUNZIONALE

 

          - Igiene personale

          - Controllo sfinterico-uretrale

          - Abbigliamento

          - Alimentazione

          - Orientamento nell’ambito C.S.E.          

 

 

 

 

 

B)      AUTONOMIA SOCIALE                 

 

          - Orientamento in ambiti extra-C.S.E.

          - Regole di comportamento sociale

          - Conoscenza e norme stradali

          - Riconoscimento dei pericoli

          - Gestione e uso dei soldi

          - Abilità comunicative (telefono, lettere, ecc.)

 

 


AREA SENSORIALE PERCETTIVA

 

Da valutare in sede di visita medica iniziale ® l’educatore di riferimento approfondirà esaustivamente tale area nel caso di soggetti con handicap grave o con evidenti handicap sensoriali.

 

 

-        PERCEZIONE TATTILE

          * Discriminazione delle superfici (liscio, ruvido, caldo, freddo)

          * Discriminazione delle forme

 

-        PERCEZIONE OLFATTIVA

 

-        PERCEZIONE GUSTATIVA

 

-        PERCEZIONE VISIVA

          * Acutezza visiva

          * Discriminazione cromatica

          * Discriminazione di profondità

 

-        PERCEZIONE UDITIVA

          * Localizzazione sonora

          * Localizzazione delle frequenze

 

-        PERCEZIONE DEL DOLORE

 

 


AREA MOTORIO-PRASSICA

 

 

Diversa è l’attività puramente motoria (movimenti riflessi e risposte passive) dall’attività psicomotoria (movimenti programmati).

Le prassie sono sequenze esecutive che richiedono la progettazione mentale e la sua rappresentazione simbolica (diverso è grattarsi se c’è un prurito, diverso è farsi il nodo alle scarpe).

Lo sviluppo psicomotorio implica quindi coscienza e conoscenza del proprio corpo.

 

-        DEAMBULAZIONE

          * Capacità di camminare

          * Capacità di raddrizzamento del corpo

          * Capacità di mantenere l’equilibrio

 

-        COORDINAZIONE

 

-        SCHEMA CORPOREO

Coscienza e conoscenza del proprio corpo (inteso come modello tridimensionale, percepito come un tutto unico e differenziato nelle sue parti)

 

-        ESPRESSIVITA’

          Sorriso, sguardo, vocalizzazione, pianto, gesti, espressioni facciali

 

-        MOTRICITA’ FINE

          Abilità manuali (vedi in riferimento alle attività)

 

-        PRENSIONE

          Implica:              * movimento orientato all’oggetto

                                   * regolazione funzionale della distanza

                                   * coordinazione visuo manuale

 

-        TONO                                      ®  se necessario far approfondire da un medico

          Consistenza del muscolo e sua estendibilità

 

-        POSTURE                                ®  se necessario far approfondire da un medico

          Di flessione e di estensione

 

-        LATERALIZZAZIONE

Intesa come specializzazione e complementarietà di segmenti corporei (nella loro azione particolare e rispetto all’atto motorio globale)

 

 


AREA COGNITIVA

 

 

RELAZIONI SPAZIALI

SI'

NO

a volte

Conosce:   Dentro-fuori

 

 

 

                 Chiuso-aperto

 

 

 

                 Grande-piccolo

 

 

 

                 Alto-basso

 

 

 

                 Vicino-lontano

 

 

 

                 Sopra-sotto

 

 

 

                 Lungo-corto

 

 

 

                 Davanti-dietro

 

 

 

                 Di fianco

 

 

 

                 Destra-sinistra

 

 

 

                 Inizio-fine

 

 

 

 

 

 

RELAZIONI TEMPORALI 

SI'

NO

a volte

Conosce il concetto di: Adesso

 

 

 

                                   Dopo

 

 

 

                                   Ieri

 

 

 

                                   Oggi

 

 

 

                                   Domani

 

 

 

                                   Passato

 

 

 

                                   Presente

 

 

 

                                   Futuro

 

 

 

Conosce le stagioni

 

 

 

Conosce i mesi

 

 

 

Conosce i giorni della settimana

 

 

 

Sa che giorno della settimana è oggi

 

 

 

Conosce l'orologio

 

 

 

Sa leggere l'ora

 

 

 

 

 

RELAZIONI SPAZIO-TEMPORALI

SI'

NO

a volte

E' capace di riordinare in sequenza una serie di immagini

 

 

 

Conosce e distingue i diversi momenti della giornata

 

 

 

Conosce i concetti di prima, poi, dopo

 

 

 

Corrisponde intervalli di tempo esatti rispetto ad azioni

 

 

 

Sa dire quello che ha appena fatto

 

 

 

Sa dire quello che farà tra poco

 

 

 

Sa ricostruire in sequenze un avvenimento

 

 

 

 

 

 

SCHEMA CORPOREO

SI'

NO

a volte

Riconosce le parti del viso su se stesso

 

 

 

Riconosce le parti del viso sugli altri

 

 

 

Riconosce le parti del viso su una immagine

 

 

 

Riconosce le principali parti del corpo su se stesso

 

 

 

Riconosce le principali parti del corpo sugli altri

 

 

 

Riconosce le principali parti del corpo su una immagine

 

 

 

Riconosce destra e sinistra su di sé

 

 

 

Riconosce destra e sinistra sugli altri

 

 

 

Sa disegnare la figura umana

 

 

 

Conosce la funzione delle diverse parti del corpo

 

 

 

 

 


 

ABILITA' LOGICHE

SI'

NO

a volte

Classifica oggetti per: Uguaglianza

 

 

 

                                  Differenza

 

 

 

                                  Grandezza

 

 

 

                                  Forma

 

 

 

                                  Colore

 

 

 

                                  Materiale

 

 

 

Conosce il concetto di uguale

 

 

 

Conosce il concetto di diverso

 

 

 

Conosce il concetto di maggiore

 

 

 

Conosce il concetto di minore

 

 

 

Classifica oggetti per più attributi (triangoli rossi)

 

 

 

Seriazione di oggetti  in ordine crescente

 

 

 

Seriazione di oggetti in ordine decrescente

 

 

 

Seriazione di quantità in ordine crescente

 

 

 

Seriazione di quantità in ordine decrescente

 

 

 

Riconosce un elemento estraneo in un insieme

 

 

 

ASSOCIAZIONE

 

Per Funzione

 

Per Nessi

Temporali

Per Utilizzo

 

Per  

Causa-effetto

Associa oggetti

 

 

 

 

Associa parole

 

 

 

 

Associa figure

 

 

 

 

Associa oggetti-parole

 

 

 

 

Associa oggetti-figure

 

 

 

 

Associa parole-figure

 

 

 

 

DIFFERENZIAZIONE

Colore

Uso

Forma

Materiale

Grandezza

In una serie di oggetti individua quello estraneo

 

 

 

 

 

In una serie di figure individua quella estranea

 

 

 

 

 

In una serie di parole individua quella estranea

 

 

 

 

 

 

 

ASTRAZIONE

 

Colore

Uso

Forma

Materiale

Grandezza

In una serie di oggetti indica la caratteristica comune

 

 

 

 

 

In una serie di figure indica la caratteristica comune

 

 

 

 

 

In una serie di parole indica la caratteristica comune

 

 

 

 

 

 

 

 

GENERALIZZAZIONE

SI'

NO

a volte

Applica un’operazione logica ad un contesto diverso ma analogo

 

 

 

 

 

 

 

ABILITÀ MATEMATICHE

SI'

NO

a volte

Riconosce i simboli:    +

 

 

 

                                 -

 

 

 

                                 x

 

 

 

                                 :

 

 

 

                                 =

 

 

 

                                 

 

 

 

                                 >

 

 

 

                                 <

 

 

 

Riconosce numeri fino a 10

 

 

 

Riconosce numeri oltre 10

 

 

 

Sa contare fino a 10

 

 

 

Sa contare oltre 10

 

 

 

Associa quantità a numero

 

 

 

E' capace di risolvere semplici calcoli:   addizioni

 

 

 

                                                             sottrazioni

 

 

 

                                                          moltiplicazioni

 

 

 

                                                             divisioni

 

 

 

Riconosce le principali forme geometriche

 

 

 

 

 

Nomina le principali forme geometriche

 

 

 

 

 

Disegna le principali forme geometriche

 

 

 

 

 

 

 

 

 

COLORE

SI'

NO

a volte

Riconosce i colori:  primari

 

 

 

 

                              derivati

 

 

 

 

Nomina correttamente i colori:    primari

 

 

 

 

                                                 derivati

 

 

 

 

Associazione oggetto-colore:    primari

 

 

 

                                              derivati

 

 

 

Capacità di ottenere colori derivati da:  unione primari

 

 

 

                                                    primari tra di loro

 

 

 

                                                       primario-bianco

 

 

 

 


 

LETTURA:

SI'

NO

a volte

Interpreta figure semplici

 

 

 

Interpreta figure complesse

 

 

 

Riconosce parti nelle figure

 

 

 

Legge cifre

 

 

 

Legge simboli

 

 

 

 

Stampatello  

Corsivo

Riconosce le lettere dell’alfabeto:    tutte

 

 

                                                       alcune

 

 

                                                       vocali

 

 

                                                       consonanti

 

 

Legge parole monosillabiche

 

 

Legge parole bisillabiche

 

 

Legge parole polisillabiche

 

 

 

 SI'

NO

a volte

Legge rispettando la punteggiatura

 

 

 

Legge correttamente

 

 

 

 

Tipologia dei più comuni errori di lettura:

 

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 


 

SCRITTURA

Corsivo

Stampatello

Macchina Computer

Copia tutte le lettere:    alcune

 

 

 

                                     vocali

 

 

 

                                     consonanti

 

 

 

Copia una parola

 

 

 

Copia una frase

 

 

 

Scrive sotto dettatura:   singole lettere

 

 

 

                                     parole monosillabiche

 

 

 

                                     parole bisillabiche

 

 

 

                                     parole polisillabiche

 

 

 

Scrive sotto dettatura parole con doppie

 

 

 

Scrive sotto dettatura parole con diagrammi

 

 

 

Scrive sotto dettatura brevi frasi

 

 

 

Sa usare lettere maiuscole e minuscole

 

 

 

Scrive da solo brevi frasi sensate

 

 

 

Scrive da solo brevi testi sensati

 

 

 

Sa usare la punteggiatura

 

 

 

Ha una corretta ortografia

 

 

 

Ha correttezza grammaticale

 

 

 

 

Tipologia dei più comuni errori di scrittura

 

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 

Sa usare il computer: (da approfondire e descrivere):

 

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 

 

-        MEMORIA

          * Breve termine (fatti appena accaduti)

          * Lungo termine (fatti accaduti da alcuni giorni)

          * Visiva (immagini):                   

                                   - capacità di memorizzare stimoli visivi

                                   - capacità di memorizzare stimoli visivi in sequenza

                                   - capacità di memorizzare un oggetto mancante

                                   - memorizzazione in sequenza inversa

          * Uditiva:           - capacità di memorizzare stimoli uditivi    

                                   - capacità di memorizzare stimoli uditivi in sequenza

                                   - capacità di memorizzare stimoli verbali

                                   - capacità di memorizzare una parola mancante

                                   - capacità di memorizzare frasi e racconti

                                   - memorizzazione in sequenza inversa

 

N.B.: Questi sono esempi di prove di memoria. Queste prove possono essere importanti anche per valutare la capacità attentiva di una persona i cui parametri (nel caso si intenda una attenzione precisa) sono:- attenzione < 1 minuto

                                                           - attenzione > 1 minuto < 5 minuti

                                                           - attenzione > 5 minuti

 

Per valutare in generale l’attenzione si possono osservare tutte le azioni, la capacità di portare a termine ogni consegna, la concentrazione durante ogni attività.

 

 


AREA DEL RAPPORTO CON SE’ E CON L’OGGETTO

 

 

-        RAPPORTO CON SE’ NELLA CORPOREITA’

          * Percezione di sé come immagine corporea (per es. cura nel vestire, nell’igiene)

          * Percezione di sé come immagine riflessa

          * Autostima di sé come immagine corporea

 

-        RAPPORTO CON SE’ NEL GIUDIZIO DI SE’                    

          * Riconoscimento dei propri stati d’animo (tristezza, rabbia, gioia)

          * Riconoscimento dei propri vissuti personali

          * Consapevolezza del sentire in forma di dolore e di piacere

          * Autostima di sé:

                        a) coscienza di essere soggetto protagonista

                                   - libertà di interrogarsi e interrogare

                                   - libertà di riconoscere ed esprimere i propri desideri

                                   - libertà di scegliere

                        b) consapevolezza del proprio handicap; accettazione

 

-        RAPPORTO CON L’OGGETTO

          (Utensile indifferenziato - Strumento specifico di attività, riferito a sé - oggetto di interesse)

          *   Cura e attenzione

          *   Timore, rifiuto e accettazione

          *   Contatto (da un punto di vista temporale, di modalità nell’approccio e di modalità discriminativa dell’oggetto stesso)

          *   Riconoscimento e identificazione di proprietà

          *   Attaccamento

 


 AREA COMUNICATIVA

 

 

A)      COMUNICAZIONE VERBALE

 

          Come si esprime:

          * vocalizzazione (un suono)

          * lallazione (vocale unita a consonante)

          * parola frase (una sola parola ha significato di una frase)

          * frase perno (due parole con significato di una frase)

          * espressioni sistematiche:          - frasi brevi ma corrette

                                                           - periodi grammaticalmente corretti

                                                           - capacità di elaborare regole di trasformazione

 

          Cosa esprime:

          * capacità di descrivere oggetti

          * capacità di descrivere persone, animali

          * capacità di descrivere un ambiente

          * capacità di narrare un’esperienza

          * capacità di ascoltare e narrare una storia

          * capacità di inventare storie nuove

          * capacità di esprimere desideri e bisogni

 

          Note problematiche (linguaggio ecolalico, turpiloquio, ecc.)

 


B)      COMUNICAZIONE NON VERBALE

 

          Mimica facciale

          * espressività volto

          * sguardo

          * sorriso

          * note (aspetti stereotipati rilevanti)

 

          Mimica corporea

          * posture

          * espressività corporea

          * note

 

          Gestualità

          * movimento capo

          * gesti arti superiori

          * gesti arti inferiori

          * note

 


AREA RELAZIONALE E AFFETTIVA

 

 

-        CANALI DI RELAZIONE (per l’ospite e l’educatore)

          * Corporeo

          * Verbale

          * Spaziale (vicinanza, distacco, intimità di contatto)

          * Oggettuale (cose, strumenti)

 

-        RAPPORTO CON EDUCATORI

          * Educatori di riferimento

          * Altri educatori

 

-        RAPPORTO CON ADULTI IN AMBITO C.S.E. (e riconoscimento ruolo)

          * Volontari

          * Obiettori

          * Estranei

          * Conoscenti

          * .........

 

-        RAPPORTO CON I COMPAGNI     

          * Stesso sesso

          * Altro sesso

          * Compagni significativi

 

-        RAPPORTO CON ADULTI EXTRA C.S.E.  

          * Negozianti

          * Sacerdoti

          * Conoscenti

          * .............


-        RAPPORTO CON FAMILIARI   

          * Padre

          * Madre

          * Fratelli

          * Parenti significativi

 

-        RAPPORTO (con i soggetti sopra indicati)

          * Piccolo gruppo

          * Grande gruppo

          * Individuale

          * Comunitario

 

-        MODO DI PORSI NELLA RELAZIONE DA PARTE DELL’OSPITE

          * Propositivo (di sé)

          * Seduttivo

          * Provocatorio

          * Tendente all’isolamento

          * Aggressivo

 

-        QUALITA’ DELLA RELAZIONE  (per l’ospite)

          * Adeguata ( --> specificare)

          * Collaborativa

          * Espansiva

          * Autonoma

          * Inibita

          * Dipendente

          * Indifferente

          * Oppositiva


-        RELAZIONE AFFETTIVA

          *   Capacità di instaurare legami affettivi

          *   A chi è indirizzata l’affettività

          *   Modalità di espressione dell’affettività (canali preferenziali)

          *   Modalità di risposta dell’ospite all’affettività rivoltagli

 

-        QUALITÀ DELLA RELAZIONE AFFETTIVA

          * Autonomia

          * Dipendenza

          * Simbiosi

          * Ambivalenza

          * Rifiuto

         

 

 


 AREA DELLA SESSUALITA’

 

 

-        Espressione di desideri sessuali (canale verbale, non verbale)

-        Manifestazione di comportamenti sessuali

-        Atteggiamenti seduttivi

-        Verbalizzazioni (ricorrenti e non) con contenuto sessuale

-        Curiosità sessuali rivelate

-        Senso del pudore

-        Esibizionismo

-        Conoscenze sessuali. Quali         __________________________________

                                                           __________________________________

                                                           __________________________________

-        Aspetti fisiologici: adeguatezza e funzionalità (es. se lo sviluppo sessuale è adeguato all’età)

 


Allegato n. 2 - Griglia per la descrizione dell’osservazione

 

 

GRIGLIA DI AIUTO PER LA DESCRIZIONE

DELL’OSSERVAZIONE


 

 

 

 


          POSSIBILI ASPETTI DA ANNOTARE:

 

·   Data o periodo in cui è avvenuto l'episodio (es. l'osservazione si riferisce al giorno… periodo ...)

·   Contesto (luogo, presenti, ecc.)

·   Descrizione dell'avvenimento: aspetto problematico, sequenza di eventi, aspetto comunicato dalla famiglia, ecc.

·   Attinenza o correlazione di quanto osservato con le F.E.S. (obiettivi, strategie, indicatori)

·   Risposta o intervento dell'educatore

·   Riferimento o collegamento dell'evento ad eventi analoghi

·   Dimensione emotiva dell'utente e dell'educatore

·   Giudizio, parere, lettura "interpretativa" di quanto osservato

·   Considerazioni finali

·   Suggerimenti operativi

·   Richiesta di ulteriori osservazioni

 

 


Bibliografia

 

 

-         SUSANNA MANTOVANI (a cura di), La ricerca sul campo in educazione, Milano, Bruno Mondadori, 1995

 

-         PRIMO MAGRI – LINO ROSSI, L’osservazione nella scuola, Torino, Paravia, 1998

 

-         HP (Accaparlante. L’handicap fuori dalla riserva mensile) n. 26, mensile a cura dell’AIAS Biblioteca Centro di Documentazione sull’Handicap, Imola (BO), 1978

 

-         D. FABBRI, Definizioni di identità, in «Un buon filosofo è anche un buon calzolaio (Orazio)», Quaderni di aggiornamento n.4, Comune di Carpi – assessorato alla pubblica istruzione, 1990

 

-         MARCEL POSTIC – JEAN-MARIE DE KETELE, Osservare le situazioni educative: i metodi osservativi nella ricerca e nella valutazione, Torino, SEI, 1993

 

-         PIERO ZAGHI, L’educatore professionale: dalla programmazione al progetto, Roma, Armando Editore, 1995

 

-         R. TRINCHERO, Appunti del corso di Pedagogia Sperimentale, Facoltà
di scienze della formazione, Università degli studi di Torino, 2001

 

-         MARA GROLLA – PAOLA ROGORA, Aree per l’osservazione (materiale ad uso interno del Centro Socio Educativo “Sorrisi”), Caronno Pertusella (VA), 1995

 

-         PAOLA ROGORA, Griglia di aiuto per la descrizione dell’osservazione (materiale ad uso interno del Centro Socio Educativo “Sorrisi”), Caronno Pertusella (VA), 2001

 

-         A.A.V.V., Protocolli di osservazioni descrittive (materiale ad uso interno del Centro Socio Educativo “Sorrisi”), Caronno Pertusella (VA), 1998-2001

 



[1] Susanna Mantovani (1995, 84)

[2] Primo Magri – Lino Rossi (1998, 9-10)

[3] Primo Magri – Lino Rossi (1998, 73)

[4] Marianella Sclavi, Osservazione, in «HP» (1978)

[5] D. Fabbri (1990)

[6] Primo Magri – Lino Rossi (1998, 77)

 

[7] Primo Magri – Lino Rossi (1998, 49)

[8] Primo Magri – Lino Rossi (1998, 111-113)

 

[9] Marcel Postic – Jean-Marie De Ketele (1993, 107)

[10] Marcel Postic – Jean-Marie De Ketele (1993, 80)

 

[11] Marcel Postic – Jean-Marie De Ketele (1993, 65)

[12] Primo Magri – Lino Rossi (1998)

 

[13] Marcel Postic – Jean-Marie De Ketele (1993)

[14]  Susanna Mantovani (1995, 131)

 

[15] Marcel Postic – Jean-Marie De Ketele (1993, 32)

[16] Susanna Mantovani (1995, 131)

[17] Marcel Postic – Jean-Marie De Ketele (1993, 34)

[18] In «HP» n. 26

[19] Piero Zaghi (1995)

 

[20] Piero Zaghi (1995)

[21] Primo Magri – Lino Rossi (1998, 27)

[22] Roberto Trinchero (2001)

[23] Susanna Mantovani (1995, 129)

[24] Roberto Trinchero (2001)

[25] Susanna Mantovani (1995, 122)